La rapina all'Ag Trasporti | I soldi per la latitanza - Live Sicilia

La rapina all’Ag Trasporti | I soldi per la latitanza

I collaboratori di giustizia raccontano i retroscena dell'operazione che ha sgominato il clan dei fedelissimi di Matteo Messina Denaro.

 

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PALERMO – “Colui che ha investito un po’ dei soldi sulla rapina è stato Provenzano Giorgio di Bagheria”. Inizia con queste parole la ricostruzione del colpo ai danni della Ag Trasporti di Campobello di Mazara. A parlare di Provenzano, capo decina della famiglia mafiosa di Bagheria, è il cognato Benito Morsicato: “Ha investito un po’ i soldi… per fare sia i giubbottini della Polizia, perché la rapina è stata fatta vestiti da poliziotti, con passamontagna, vestiti da poliziotti…”.

Gli autori del colpo avrebbero dovuto lasciare una percentuale del bottino ai mafiosi trapanesi che avevano continua necessità di soldi in contanti per gestire la latitanza di Matteo Messina Denaro: “Il 10% doveva andare al paese, al paese significava a chi aveva tutta la zona in mano… allo zio… dopo la rapina si presentò Claudio (Girolamo Bellomo ndr) che già era stata venduta della merce, perché c’erano delle esigenze, dopo gli arresti, delle esigenze che gli bisognava intorno ai 5, 8 mila euro, perché parlavano…”.

Siamo nel dicembre dell’anno scorso, quando vengono arrestati, tra gli altri Francesco Guttadauro e Patrizia Messina Denaro: “… gli servivano dei soldi perché c’era una persona molto in difficoltà e gli serviva del contante, e io sempre presumevo che si trattava o di lui o di qualcuno vicino a lui, per garantire la latitanza… Ruggero gli diede 5000 euro… e in più poi al paese rimanne, perché se ne occupò direttamente uno degli arrestati, del nipote di Matteo Messina Denaro, che forse è il fratello della moglie di Claudio, c’era intorno ai 20.000 di merce della Thun”.

Anche un altro collaboratore di giustizia ha parlato della necessità che una rapina “in trasferta” venga autorizzata: “Parte del bottino è andato alla famiglia di qua… di là e alla famiglia di qua. Questo è poco ma sicuro. Di qua a Giorgio Provenzano circa 2 mila euro e a loro non so quanto. Allora, l’unica autorizzazione che non si chiede quando si fa la rapina in un paese, anche se io vado a fare una rapina ad esempio a Trapani, se sono posta e se sono banche, però che non siano banche che magari l’edificio è di proprietà di qualcuno, di qualche persona là, per rubare allo stato non si chiede autorizzazione. Cioè se devo andare a fare una rapina alla posta o allo Stat… alla banca, non devo chiedere nessun autorizzazione a nessun capo-famiglia”. Il bottino fu diviso in a cena in un ristorante nel dicembre 2013.

Curioso l’episodio del travestimento da poliziotti adottato dalla banda. A riferirlo è Lo Piparo: “Dopo circa una settimana mi convoca Ruggero (Ruggero Battaglia ndr)…e mi fa: domani ti porto dei giubbottini. E mi ha portato 6 giubbottini vuoti, neri, dei gilet. Io questi gilet li ho portati in un negozio di Bagheria… in via Consolare a Bagheria, non mi ricordo il numero civico. Li ho lasciati là e pagai 90 euro, per fargli mettere la scritta Polizia, davanti e dietro.. io gli chiesi… siccome dobbiamo fare un film, gli dissi, ci servono le comparse dei poliziotti, siccome io ho fatto la parte, quattro parti in una telenovela che si chiama “Agrodolce” che fecero… io feci la parte giusto giusto, sembra incredibile, ma ho fatto la parte del poliziotto”. E mentre lo racconta Lo Piparo ride di gusto. Infine Morsicato aggiunge particolari sul trasporto della merce rubata a Palermo – circa seicento colli di prodotti – che fu scaricata in un magazzino fra Ficarazzi e Villabate e successivamente nascosta in una villa a Ciaculli.


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