Non uccise l'avvocato Fragalà: tre anni di ingiusta detenzione

In carcere per l’omicidio Fragalà: sarà risarcito con 300 mila euro

È uno dei due imputati assolti

PALERMO – Restò in carcere ingiustamente e deve essere risarcito. La Cassazione dà il via libera definitivo: a Francesco Paolo Cocco, assolto dall’accusa di avere partecipato all’omicidio dell’avocato Enzo Fragalà, spettano 300 mila euro. Respinto il ricorso della Procura generale secondo cui, nonostante l’assoluzione, la detenzione non sarebbe stata comunque ingiusta.

Tre anni in carcere

Cocco rimase in carcere dal 15 marzo 2017 al 23 marzo 2020. Ad inguaiarlo era stato soprattutto un’intercettazione con la moglie: “Per il fatto dell’omicidio può essere che poi mi vengono a cercare… che c’ero pure io esce”; “Giura?”; “Giuro”. Ma che cazzo stai dicendo…”; “Il compleanno non lo festeggeremo, ti giuro…”; “Le chiavi possono buttare. Mi hai sconvolta Paolo”. In realtà la difesa ha contestato l’interpretazione di colpevolezza attribuita dall’accusa alle frasi.

I pentiti e la sentenza

C’erano anche le dichiarazioni di Francesco Chiarello. Fu il pentito a chiamarlo in causa, ma non è stato ritenuto attendibile. A smentirlo un altro collaboratore, Antonino Siragusa. Cocco è incensurato.

La sentenza per il barbaro assassinio è ormai definitiva. Enzo Fragalà fu pestato a morte sotto il suo studio, a pochi passi dal Palazzo di giustizia di Palermo. Si spense in ospedale il 26 febbraio del 2010 dopo tre giorni di agonia.

I condannati sono Antonino Abbate (30 anni), Francesco Arcuri (24 anni), Salvatore Ingrassia (22 anni) e Antonio Siragusa (14 anni). Oltre a Paolo Cocco fu assolto anche Francesco Castronovo.

Il movente dell’omicidio è stato rintracciato nell’attività professionale del penalista palermitano: “Intento precipuo dell’organizzazione mafiosa Cosa Nostra era quello di impartire una punizione al professionista, ‘reo’ di aver assunto in procedimenti penali per reati di mafia posizioni non conformi agli interessi del sodalizio e per ciò appellato quale ‘sbirro’”.

Fragalà facendo il proprio mestiere finiva per danneggiare gli interessi di Cosa Nostra. La sua punizione doveva suonare come un avvertimento per l’intera avvocatura palermitana.


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