I reati contestati al sindaco di Palermo nell’ambito dell’inchiesta sulla gestione della discarica di Bellolampo vanno dal disastro doloso all’inquinamento delle acque e del sottosuolo, dalla truffa alla gestione abusiva della discarica, fino all’abbandono dei rifiuti speciali e all’abuso d’ufficio. Sono contenuti nell’avviso di garanzia notificato a Diego Cammarata dai pubblici ministeri Geri Ferrara e Maria Teresa Maligno e sarebbero stati commessi in concorso con gli altri indagati: Vincenzo Galioto (presidente dell’Amia fino al dicembre 2008), Marcello Caruso (presidente dal dicembre 2008 al giugno 2009), Gaetano Lo Cicero (presidente dal giugno 2009 al dicembre 2009 e successivamente liquidatore dal dicembre 2009 all’aprile 2010), Orazio Colimberti (direttore Generale dell’Amia fino al giugno 2009), Nicolò Gervasi (direttore generale dall’ottobre al dicembre 2009), Pasquale Fradella (direttore generale dal dicembre 2009), Antonino Putrone (direttore del Dipartimento Impianti fino al luglio 2007), Fabrizio Leone (responsabile della Direzione Dipartimento Impianti dal luglio 2007 all’ottobre 2009), Giovanni Gucciardo (responsabile della Direzione Dipartimento Impianti dal ottobre 2009 al gennaio 2010), Aldo Serraino (direttore generale dell’Amia dal giugno all’ottobre 2009 e responsabile della direzione Dipartimento Impianti dal gennaio 2010), Luigi Graffagnino (coordinatore delle operazioni di gestione della discarica di Bellolampo), Mario Palazzo (responsabile tecnico Settore Impianti Amia).
“Nella qualità di sindaco di Palermo, socio unico dell’Amia – si legge nel capo di imputazione – Cammarata dava direttive specifiche agli amministratori della società sulle modalità di gestione della discarica di Bellolampo, tra l’altro autorizzando il conferimento dei rifiuti in violazione delle norme sul preventivo trattamento e consentendo lo stoccaggio dei rifiuti in discarica in attesa della triturazione”. Il sindaco avrebbe emanato anche “una pluralità di ordinanze al di fuori delle proprie competenze poiché, visto lo stato d’emergenza dichiarato in provincia di Palermo, la competenza era attribuita al commissario delegato per l’emergenza, il prefetto di Palermo”. Il capo di imputazione prosegue elencando le anomalie che sarebbero state riscontrate a Bellolampo: “La mancata copertura dei rifiuti, la presenza di animali vivi e morti, il conferimento di rifiuti speciali ingombranti, mobili e suppellettili in legno e ferro, l’omessa adozione delle procedure di stratificazione e compattazione dei rifiuti in modo da favorire il recupero immediato e progressivo della discarica, l’omessa raccolta e smaltimento del percolato prodotto in discarica”. Ed ancora sarebbe stato riscontrato che “l’impianto per il trattamento dei rifiuti iniziava l’attività il 5 gennaio 2010, prima del rilascio dell’autorizzazione avvenuta il 14 gennaio e l’abbandono dei rifiuti in modo incontrollato nel corpo della discarica nonché l’abbandono del percolato sul suolo e nel sottosuolo con conseguente immissione nelle acque superficiali e sotterranee che risultavano inquinate”. L’ipotesi di truffa viene contestata a Cammarata perche, scrivono i pm “dava disposizioni al fine di conseguire un ingiusto profitto costituito nel risparmio dei costi di smaltimento del percolato e commetteva fatti diretti a cagionare un disastro da cui derivava un pericolo per la pubblica incolumità; fatti consistiti in particolare nelle modalità di gestione della discarica, tra cui il mantenimento dei rifiuti, sia della IV vasca che di quelli ad essa sottostanti, in condizioni di totale scopertura, e l’omesso convogliamento del percolato prodotto in discarica il quale veniva così disperso nell’ ambiente, ed in particolare nel suolo, nel sottosuolo, nelle acque superficiali, tra cui quelle del torrente Celona, e nelle acque sotterranee con conseguente inquinamento di alcuni pozzi posti a valle della discarica”. La truffa si configurerebbe anche perché “con artifici e raggiri in ordine al corretto smaltimento dei rifiuti solidi urbani presso la discarica, tra cui quelli derivanti dalla raccolta differenziata o ingombranti che non potevano essere conferiti, si procurava l’ingiusto profitto derivante dai contributi ricevuti per tale forma di smaltimento”. L’ipotesi di abuso d’ufficio, infine, viene contestata solo a Cammarata e Lo Cicero perché “in concorso tra loro, arrecavano a Giovanni Gucciardo , responsabile della direzione Dipartimento Impianti dell’Amia da ottobre 2009 a gennaio 2010, un danno ingiusto rimuovendolo dal suo incarico; in particolare tale rimozione veniva adottata perché Gucciardo nella sua qualità stabiliva che le modalità di conferimento dei rifiuti in discarica, di gestione e smaltimento degli stessi dovevano essere conformi alla normativa primaria e secondaria ed alle autorizzazioni rilasciate alla discarica”.
Fonte Ansa