Sequestrate aziende a Massimino | Avrebbe favorito cosa nostra - Live Sicilia

Sequestrate aziende a Massimino | Avrebbe favorito cosa nostra

Il provvedimento è stato eseguito dai carabinieri del Ros e del Comando Provinciale su disposizione del Tribunale di Catania. Il valore dei beni sequestrati attivi nel settore della edilizia e nel campo della produzione di energia da fonti rinnovabili, è in corso di quantificazione. LEGGI TUTTO

CATANIA. I carabinieri del ROS e quelli del Comando Provinciale di Catania hanno dato esecuzione ad un provvedimento di sequestro dei beni emesso dal Tribunale di Catania – Quarta Sezione Penale nei confronti di  Santo Massimino, tratto in arresto dal ROS nell’ambito dell’indagine IBLIS il 3 novembre del 2010 e condannato in primo grado il 9 maggio scorso alla pena di 12 anni poiché ritenuto responsabile di essere appartenente alla famiglia di Cosa Nostra catanese Santapaola-Ercolano. Il provvedimento, che si fonda sulle attività condotte dal ROS, è sorretto dagli esiti dell’indagine IBLIS, svolta dalla Sezione Anticrimine di Catania in direzione delle famiglie di Catania, Ramacca e Caltagirone, che ha permesso di raccogliere decisivi elementi probatori sull’evoluzione di Cosa Nostra.

Da queste indagini, infatti, è emerso che Massimino concorreva nella famiglia di Cosa Nostra catanese quale imprenditore che metteva a disposizione del sodalizio la sua attività imprenditoriale, in stretta connessione con l’allora rappresentante provinciale Vincenzo Aiello ed altri affiliati mafiosi di rango, partecipando alla distribuzione di lavori controllati direttamente o indirettamente dall’organizzazione criminale a cui versava anche delle somme di denaro e permettendo ad imprese mafiose o a disposizione dell’associazione di partecipare alle attività economiche intraprese. Così, da un lato le sue imprese nel mercato si trovavano in violazione delle regole della libera concorrenza ma dall’altro apportavano un concreto contributo al rafforzamento e, comunque, alla realizzazione anche parziale del programma criminoso di Cosa Nostra etnea.

Come si diceva, grazie alle attività d’indagine svolte è in particolare emerso il rapporto esistente tra Massimino e Vincenzo Aiello; il primo pur pagando la messa a posto ad Aiello per i lavori effettuati tramite le sue imprese, sfruttava il legame che aveva con questo ultimo per accaparrarsi dei lavori, adoperandosi altresì fattivamente per mettere in contatto altri imprenditori con lo stesso Aiello che, in questa maniera riusciva ad inserirsi in rilevanti vicende imprenditoriali che, inevitabilmente, venivano inquinate.

Prove dei vantaggi che Massimino otteneva grazie alla sua vicinanza a Cosa Nostra catanese si ottenevano anche grazie al monitoraggio di un summit avvenuto presso la proprietà rurale del geologo – affiliato mafioso Giovanni Barbagallo, allorquando Vincenzo Aiello, parlando di attività imprenditoriali poste sotto il controllo della famiglia catanese, faceva riferimento ad alcune difficoltà a cui stava andando incontro Santo Massimino il quale, secondo Aiello, aveva ottenuto grazie alla sua intercessione un lavoro relativo alla realizzazione di un parco commerciale sito allo svincolo di Gravina di Catania.

Aiello, infatti, affermando che in quella stessa serata doveva incontrare Massimino con il quale aveva fissato un appuntamento su richiesta di questo ultimo, precisava che, nell’ultimo periodo, aveva notato presso il cantiere del citato parco le gru di Salvatore Conti e, pertanto, voleva verificare lo stato delle cose, ipotizzando che la situazione era imputabile alla condotta tenuta da Vincenzo Basilotta, soggetto quest’ultimo con cui Aiello era precedentemente entrato in contrasto per dinamiche attinenti il controllo mafioso di attività imprenditoriali. L’interessamento di Aiello a favore di Massimino dava evidentemente gli esiti sperati per l’imprenditore i cui mezzi venivano nuovamente notati all’opera nel cantiere, nel corso di un sopralluogo effettuato successivamente dal ROS.

Proprio il controllo di Massimino da parte di Cosa Nostra, che evidentemente traeva dei rilevanti vantaggi economici da tale attività, è stato uno degli aspetti che hanno contribuito al deteriorarsi dei rapporti tra Vincenzo Aiello e Angelo Santapaola; quest’ultimo, infatti, all’epoca considerato reggente operativo della famiglia mafiosa di Catania, non aveva gradito che il controllo dell’imprenditore era passato ad Aiello e proprio questo argomento venne affrontato tra i due uomini d’onore nel corso di uno scontro avvenuto la sera del 22 settembre del 2007, alla presenza di Natale Filloramo.

Come si ricorderà, Angelo Santapaola ed il suo braccio destro Nicola Sedici vennero poi uccisi appena quattro giorni più tardi da altri esponenti della stessa associazione mafiosa e, in relazione a quanto emerso dall’indagine IBLIS: il 25 marzo scorso i Giudici della Corte di Assise etnea hanno condannato Vincenzo Aiello alla pena dell’ergastolo e alla interdizione perpetua dai pubblici uffici, perché ritenuto responsabile del duplice omicidio in parola, e Salvatore Di Bennardo alla pena di 3 anni e 4 mesi di reclusione per favoreggiamento aggravato nel delitto.

Il valore delle 6 aziende oggetto del sequestro, attive nel settore della edilizia e nel campo della produzione di energia da fonti rinnovabili, è in corso di quantificazione.

 


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI