BIANCAVILLA (CATANIA) – Mafia e traffico di droga, ma anche il vecchio business legato al pizzo. Sono alcuni degli ingredienti del processo per cui la Dda di Catania ha chiesto 13 condanne, tutte da 3 a 20 anni, per gli appartenenti – o chi è ritenuto vicino – al clan Tomasello-Mazzaglia-Toscano, referente a Biancavilla dei Santapaola.
Il capo sarebbe Giuseppe Mancari “u pipi”, coinvolto anch’egli, ovviamente, al pari della maggior parte degli imputati (altri hanno optato per il giudizio ordinario) lo scorso settembre nell’operazione dei carabinieri “Ultimo Atto”.
La requisitoria
L’inchiesta è stata coordinata dal sostituto procuratore Andrea Bonomo, che ha firmato la requisitoria assieme al pm Angelo Brugaletta. Per Mancari i pm hanno chiesto 12 anni di reclusione. In aula si sono costituiti parte civile il Comune di Biancavilla, assistito dall’avvocato Sergio Di Mariano e l’associazione Libera Impresa, con l’avvocato Elvira Rizzo.
I Pm, con accuse contestate a vario titolo di associazione mafiosa, estorsione e traffico di stupefacenti, ma anche ipotesi minori, hanno chiesto poi 20 anni per Placido Galvagno, 14 anni 8 mei per Mario Venia, 13 anni per Pietro Licciardello, 10 anni 4 mesi per Salvatore Manuel Amato, 10 anni per Giovanni Gioco e Fabrizio Distefano, 8 anni 4 mesi per Nunzio Margaglio, 8 anni per Alfio Muscia e Carmelo Vercoco, 4 anni per Cristian Lo Cicero e Vincenzo Pellegriti, 3 anni 4 mesi per Marco Toscano.
Il collaboratore di giustizia
Per Pellegriti, in un passaggio della requisitoria, i pm hanno sottolineato la concessione dell’attenuante specifica legata alla collaborazione con la giustizia, “da concedersi per il rilevante e completo contributo fornito dal collaboratore con le sue dichiarazioni, attendibili e riscontrate”. La sentenza dovrebbe arrivare nei primi mesi dell’anno prossimo. Pellegriti è uno dei collaboratori che hanno dato maggiore impulso all’inchiesta.
Stando alle sue dichiarazioni, Cosa Nostra, a Biancavilla, metterebbe in moto i suoi esattori del pizzo in particolare a Natale, a Pasqua e per San Placido, santo compatrono della città dal 1709. La terza “rata” alla mafia, insomma, qui non viene chiesta a Ferragosto (secondo un calendario consolidato altrove), ma a ottobre.
La festa del Patrono
Nei giorni della festa di San Placido, secondo Pellegriti, a essere presi di mira sarebbero persino giostrai e venditori di carne di cavallo arrostita. “Sostanzialmente – ha raccontato Pellegriti – chi voleva montare una bancarella era costretto a comprare la carne di cavallo per il tramite del clan mafioso”. Un uomo del clan si sarebbe sempre fatto da portavoce.
Nel frattempo a ottobre si aprirà il processo a carico di altri sei imputati. L’inchiesta Ultimo atto ha dimostrato come in buona parte “baristi, gommisti e ristoratori”, a Biancavilla, pagassero il pizzo a Cosa Nostra.