Il 19 aprile ad Alcamo sarà proiettato il docufilm: "Calattubo. Memorie da salvare" - Live Sicilia

Il 19 aprile ad Alcamo sarà proiettato il docufilm: “Calattubo. Memorie da salvare”

IL DOCUFILM
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Il comprensorio di Calattubo (o Calatubo), nel Comune di Alcamo (Trapani), è un’area ricca di testimonianze archeologiche che attraversano millenni di storia umana, dalla preistoria al terremoto del Belìce (1968).
Grotte con tracce di frequentazione antropica, una necropoli arcaica, testimonianze greco-punico-romane, medievali, moderne e contemporanee evidenziano, tutte insieme e senza dubbio alcuno, una continuità della presenza umana nell’area di Calattubo.

Venerdì 19 Aprile 2024 alle ore 18, presso l’ITET G. CARUSO di Alcamo, verrà proiettato il docufilm “Calattubo. Memorie da salvare”, grazie al quale ci si potrà addentrare nel cuore di un territorio dall’excursus storico complesso e ricco di punti ancora da approfondire, tramite le parole dei componenti dell’associazione “Salviamo il castello di Calatubo” Stefano Catalano, Maria Rimi, Salvatore Campo e del bracciante Rosario Adamo.

“Calattubo” risulta essere un toponimo utilizzato almeno fino all’epoca moderna, come nome di un possedimento nobiliare della famiglia De Ballis. Solo in tempi relativamente recenti una delle “t” è stata eliminata dall’uso comune del termine, probabilmente per addolcirne la pronuncia – o per una semplice forma di riduzione della complessità.

La decisione di utilizzare il toponimo storico “Calattubo”, come titolo del docufilm, mira a un recupero anche di quanto linguisticamente si riferisce a questo luogo, sulla cui etimologia esistono diversi punti di vista. Rimane chiara l’origine araba del termine, certamente sviluppatosi a partire dall’XI secolo.

È infatti la rocca dove sorge il castello a dare il nome a tutto il comprensorio, dove oggi sorgono sterminati vigneti, uliveti, campi di grano, alternati a sterpai di vegetazione mediterranea di tipo erbaceo o arbustivo. La vallata di Calattubo è inoltre attraversata da un torrente, oggi denominato Finocchio, che poco oltre la rocca si unisce a un secondo corso d’acqua, il Fico. Le evidenze morfologiche e i ritrovamenti di probabili bitte d’attracco in calcarenite, proprio in prossimità di tali torrenti, lasciano ragionevolmente ipotizzare che potesse trattarsi di corsi d’acqua una volta addirittura navigabili, utili al trasporto verso il vicino mare di prodotti agricoli o di pietra molare – arenaria conchiglifera – che veniva cavata nelle vicinanze almeno dal periodo arabo.

Un caloroso ringraziamento va alla cantastorie palermitana Sara Cappello per aver contribuito, con la sua musica, alla realizzazione del prodotto finale.

Ringraziamo anche i membri dell’associazione “Salviamo il Castello di Calatubo” per aver accompagnato la narrazione, alla scoperta di un territorio straordinariamente ricco di meraviglie, potenzialmente capaci di far luce su molti aspetti storico-archeologici ancora poco chiari, che riguardano sia Calattubo che l’intera Sicilia occidentale.

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