PALERMO – Fatta la giunta (o quasi), ora bisogna salvare il bilancio. E mettere la giunta stessa nelle condizioni di governare senza limitarsi al ruolo di esecutore fallimentare di una Sicilia con i conti alla canna del gas. La partita per il quarto governo Crocetta si giocherà tutta a Roma. È dal confronto con il governo Renzi che si dovranno trovare le soluzioni per colmare gli enormi buchi necessari a predisporre i bilanci dei prossimi due anni. Domani Rosario Crocetta volerà a Roma per incontrare il governo nazionale e trovare soluzioni che dovrebbero trovare posto nella legge di stabilità di Renzi. Ma qual è l’atteggiamento del premier verso la Sicilia?
Nei giorni della crisi, quelli che hanno preceduto il rimpasto, la corrente renziana del Pd siciliano ha spinto apertamente per chiudere l’esperienza di governo di Crocetta e andare al voto anticipato. Una posizione, quella di Davide Faraone e dei suoi, che avrebbe trovato, si diceva in quei giorni, sponda a Palazzo Chigi, dove l’idea del voto anticipato nell’Isola in primavera veniva valutata. Qualcosa, però, non è andata secondo i piani del sottosegretario all’Istruzione. Roma ha preso atto della scarsa popolarità nel partito siciliano e soprattutto nella sua deputazione regionale dell’idea di sciogliere l’Ars. E Lorenzo Guerini, vice di Renzi, a Catania ha sdoganato il prosieguo della legislatura. I renziani così sono rimasti in giunta, confermando la propria delegazione, un politico (Gucciardi) e due tecnici (Baccei e Contrafatto) senza troppi entusiasmi. Anzi. Giuseppe Bruno, vicinissimo a Faraone e presidente del partito, non ha perso tempo per parlare in termini critici del rimpasto e della sua gestione. Insomma, la musica, nei confronti di Crocetta per i renziani non è cambiata troppo. E per Renzi?
Un segnale positivo è arrivato venerdì col via libera del Cipe allo spostamento dei Fondi di sviluppo e coesione che serviranno per dare ossigeno alla spesa da qui a fine anno. E per pagar, tra l’altro, i forestali. Almeno quest’anno. Ma il problema grosso riguarda il 2016. E lo ha ricordato oggi Davide Faraone, che ha dato notizia dell’ok del Cipe, battendo sulla consueta strategia comunicativa dei renziani: la Sicilia fa pasticci? Giunge Roma a salvarla. “Il governo nazionale ha fatto e continua a fare la sua parte. Sono certo – ha dichiarato Faraone – che anche il nuovo governo regionale lavori in continuità e con lo stesso vigore”. Insomma, nel balletto tra renziani e governatore, le note del voto anticipato ora sembrano lasciare posto a quelle del “salvataggio”.
Nel gioco delle parti, tra salvabili e salvatori, Rosario Crocetta, che ha ben chiaro quanto l’intesa con Roma sia fondamentale per il prossimo biennio, prontamente ha ringraziato venerdì “il premier Renzi e il sottosegretario De Vincenti”. Se si deve andare avanti senza voto anticipato, il tracollo della Sicilia non serve certo a Renzi. Che a questo punto, se la strategia del Pd è quella di sfruttare quel che resta della legislatura per portare qualche risultato a casa e sperare di evitare la scoppola a 5 stelle al prossimo giro, tanto vale salvare il salvabile e mettere il nuovo governo nelle condizioni di governare. Possibilmente, dal punto di vista di Roma, facendo passare Renzi per il salvatore della patria che tira fuori dal pantano la Sicilia. Anche se lo stesso Baccei nei giorni scorsi ha ammesso che dei torti sono stati perpetrati da Roma nei confronti della Sicilia.
Crocetta e il Pd siciliano dal canto loro hanno tutto l’interesse che la collaborazione con Roma porti frutti. Che valgano possibilmente il miliardo e 400 milioni di cui c’è bisogno per fare camminare ancora la macchina della Regione da qui a fine legislatura. E possibilmente tenendo dentro gruppi e gruppetti che al Senato fanno gioco al premier. A partire da Ncd, che non è in maggioranza ma ha un assessore, in questo pirandelliano gioco delle parti. Gli alfaniani erano tornati a tirare in ballo l’idea del Ponte sullo Stretto. Renzi a stretto giro di posta ha detto che sì, il Ponte si farà, ma prima le emergenze. Che significa tutto e niente ma è pur sempre una carezza all’alleato. Come lo sarebbe un posticino di qualche tipo ai siculi di Ala, il movimento di Denis Verdini, per il quale si è parlato addirittura di un ingresso in giunta. Voci smentite dagli interessati (non si contano più i comunicati di Saverio Romano che prende le distanze da Crocetta) ma che raccontano ancora una volta di come le vicende politiche tra Palermo e Roma restano saldamente intrecciate. Crocetta lo sa ed è pronto a battere cassa.