PALERMO – La lettera è già stata spedita alla Procura della Corte dei conti. Inviata dagli uffici dell’assessorato al Bilancio. Solleva il caso di Anna Rosa Corsello, ma potrebbe essere la spia di un fenomeno più vasto, di una voragine che potrebbe aprirsi nei conti della Regione. Un fernomeno di cui la Corsello, dal canto suo, si dice certa di non fare parte.
La legge statale è chiara. Altrettanto lo è la circolare che la applica in Sicilia. Non è chiaro, però, se sia stata rispettata. Anzi, c’è più di un sospetto che sia rimasta lettera morta. Centinaia di dirigenti regionali potrebbero avere trattenuto migliaia e migliaia di euro.
Ai dirigenti che ottengono un incarico aggiuntivo in una delle tante partecipate o negli enti collegati dalla Regione spetta solo la metà del compenso. Il 50 per cento deve restare nelle casse regionali. Anzi, “dovrebbe” perché così non sarebbe in molti casi accaduto. Il primo caso, clamoroso, come detto, sarebbe quello del (due volte) dirigente generale Anna Rosa Corsello.
La burocrate, al momento, ricopre il ruolo di capodipartimento al Lavoro e – ad interim – alla Formazione. Stando al sito ufficiale della Regione siciliana, l’incarico di dirigente generale le assicura circa 170 mila euro lordi annui. A questi, però, vanno sommati i 40 mila euro lordi che derivano dal ruolo di commissario liquidatore di Multiservizi, e i 25 mila lordi per l’analogo ruolo in Biosphera. E lo steso sito fa riferimento anche ad altri 15 mila euro lordi come retribuzione di parte variabile e retribuzione di risultato per l’incarico alla Formazione. Nella peggiore delle ipotesi, quindi, in busta paga la Corsello trova una somma – lorda – che oscilla tra 235 e i 250 mila euro.
“Le partecipate di cui sono commissario liquidatore, così come tutte le altre – taglia corto la Corsello – hanno ricevuto un invito a comunicare i versamenti eseguiti dal 2009 ad oggi in riferimento ad incarichi di gestione. Quello di commissario liquidatore non rientra fra questi. Per tutti gli altri ho appena avviato la ricognizione”.
La Corsello, dunque, ritiene di non rientrare nei casi per i quali la legge (la numero 19 del 2008, poi perfezionata da una circolare del 2009), prevede la decurtazione della metà del compenso (“Il mio soggiace alle regole del codice civile”). Una legge che riguarda, esplicitamente, i dirigenti in servizio presso l’amministrazione regionale. Quelli iscritti al registro unico della dirigenza. Una precisazione che escluderebbe da questo calcolo i dirigenti esterni (stra questi, il Segretario generale Patrizia Monterosso cumula alla carica di vertice della burocrazia quello di vicepresidente di Irfis e di consigliere di amministrazione alla Kore di Enna).
Insomma, la norma riguarderebbe solo i dirigenti “di ruolo”. Al momento poco meno di 1.800. Ciascuno di loro può essere chiamato a ricoprire incarichi altrove. Tra le altre cose, i ruoli di presidenti e consiglieri di amministrazione, responsabili unici dei procedimenti per gli appalti o i commissari liquidatori. La legge prevede che l’ente presso cui il dirigente ha espletato l’incarico liquidi non al burocrate, ma alla Regione l’intero compenso. Per farlo è pure prevista la compilazione di un modulo. I soldi finiscono quindi alla voce entrate del Bilancio regionale. Poi, la Ragioneria generale provvede a liquidare soltanto il 50 per cento al dirigente. Anzi, ancora di meno. Perché la Regione detrae anche gli oneri e le tasse. Al dirigente andrebbe soltanto il 16% netto del compenso. E qui sta l’inghippo: in molti casi l’ente avrebbe pagato l’intera somma al dirigente eludendo il passaggio dal Bilancio.
Nei giorni scorsi c’è chi è saltato sulla sedia controllando i compensi pagati ad Anna Rossa Corsello. Sarebbe partita quindi una segnalazione alla Procura regionale della Corte dei conti. Viene chiesto, in sostanza, di verificare l’esistenza di un danno erariale, frutto dell’eventuale omesso controllo sulla gestione dei soldi. Quella che rischia di aprirsi, però, è una voragine i cui esiti sono al momento imprevedibili.
Al di là del singolo caso, una cosa è certa: dagli uffici della Regione, è partito un vero e proprio monitoraggio che punta a verificare la regolarità delle procedure. La legge numero numero 2 del 6 febbraio 2008 e la circolare numero 9 del 3 giugno 2006, firmata dall’allora ragioniere generale Enzo Emanuele e dal dirigente generale del Dipartimento del Presonale Ignazio Tozzo, infatti, in tantissimi casi sarebbero state disattese. Parliamo di centinaia e centinaia di incarichi aggiuntivi per milioni di euro. Una ipotesi, del resto, che trova conferme anche tra chi conosce bene e da molti anni, la macchina regionale. E secondo cui i casi nei quali “qualcuno ha ignorato, o fatto finta di ignorare la norma sarebbero tantissimi”.
Due note, datate 23 e 30 maggio scorsi, sanciscono l’avvio dei controlli a tappeto. La Ragioneria generale ha chiesto a tutte le società partecipate e agli enti collegati alla Regione quanti soldi abbiano versato i dirigenti chiamati a svolgere incarichi di presidenti e componenti dei consigli di amministrazione. “Abbiamo chiesto chiarimenti, non conosciamo ancora lo stato delle cose”, spiega il ragioniere generale Mariano Pisciotta. Che parla di “verifiche di routine”. E c’è già chi, fra gli stessi dirigenti, ritiene che c’è da aspettarsi esiti clamorosi.