E infine venne il giorno dell’arresto del grillino. Nove giorni dopo le elezioni, il candidato del M5S Fabrizio La Gaipa è stato sottoposto a una misura cautelare con l’accusa di estorsione. Accuse, appunto, tutte da dimostrare, per lui come per chiunque. Come spesso e volentieri dimenticano i ragazzi di Grillo e Casaleggio, salvo che l’oggetto delle attenzioni delle procure non sia un loro correligionario. Succede così che i moralizzatori finiscano moralizzati, vittime del boomerang dello sputtanamento. Perché quando il metro della politica diventa l’onestah nell’accezione grillina, quella che riduce l’etica pubblica ai certificati dei carichi pendenti, è quasi inevitabile che alla crescita del Movimento corrisponda qualche inciampo dei suoi. Vedi alla voce inchiesta sulle firme false di Palermo, ad esempio. O cerca alla B di Bagheria, con l’indagine sul sindaco grillino Patrizio Cinque. Il rischio, quando si semina giustizialismo, è di doverne assaporare i frutti avvelenati. E magari di navigare sulla Rete uscendo dalla rotta sicura del mare grillino, per imbattersi in una valanga di post che commentano la notizia di La Gaipa con un “sono tutti uguali”. Nella migliore delle ipotesi. D’altronde, scorrendo le bacheche dei Giancarlo Cancelleri o degli Ignazio Corrao, il tema “impresentabili: politica e procure” sembra essere l’unico, o quasi, chiodo fisso della nomenklatura grillina. Che adesso prende le distanze, sospendendo La Gaipa con unaa mano e scrivendo che non è rappresentante del Movimento con l’altra (ma allora da cosa si sospende?), ma non potrà schivare gli schizzi di ritorno di quel mascariamento di cui le proprie bacheche sono da sempre infarcite, quello che passa dalla parte al tutto e dall’accusa alla condanna con disinvolta facilità. Tanto, male che vada, si può sempre dar la colpa al primo giornalista che passa.
Quando si semina giustizialismo può toccare di assaporarne i frutti avvelenati.
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