Il caso Lubhaya, parla l'Anm: | "Attacchi inaccettabili al pm" - Live Sicilia

Il caso Lubhaya, parla l’Anm: | “Attacchi inaccettabili al pm”

La difesa del magistrato che non ha chiesto la convalida del fermo per l'indiano indagato.

Il presunto tentativo di rapimento
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ROMA – “Attacchi inaccettabili” al pm che non ha applicato il fermo al cittadino indiano di 43 anni indagato con l’accusa di aver tentato di rapire una bimba di 5 anni. E’ la posizione espressa sul caso di Ragusa dall’Anm, che in una nota afferma: “Con riferimento ai fatti accaduti nel territorio del comune di Vittoria lo scorso 16 agosto, senza entrare nel merito della vicenda i cui contorni saranno accertati nel corso del procedimento penale da parte della Procura di Ragusa, l’Associazione Nazionale Magistrati stigmatizza gli attacchi mediatici diretti al pm di quell’ufficio giudiziario Giulia Bisello. Si tratta di attacchi inaccettabili – sottolinea ancora l’Anm – che sono frutto di un approccio superficiale agli accadimenti, determinato dalla non conoscenza degli atti e dei presupposti di legge che hanno portato alle scelte della collega, e che hanno come unica conseguenza quella di non consentire ai magistrati della Procura di Ragusa di svolgere il proprio compito nel giusto clima di serenità”.

Sulla vicenda si è espressa anche Magistratura Indipendente, una delle correnti dell’Anm, che in riferimento ai fatti di Ragusa esprime “solidarietà” alla collega della Procura iblea, “oggetto – si legge in una nota – in questi giorni di strumentali, volgari e ingiustificati attacchi”. “I magistrati – prosegue la nota – applicano le leggi vigenti: nel caso di specie non è stata richiesta la convalida del fermo per mancanza dei presupposti di legge. Le giuste richieste e le legittime aspettative di sicurezza dell’opinione pubblica devono essere rivolte a chi ha il compito di redigere le leggi”, prosegue la nota. “Aspettiamo fiduciosi l’esito dei legittimi accertamenti disposti dal Ministro, pur rilevando la mancanza di un intervento diretto a condannare il discredito e la delegittimazione derivanti dalle espressioni pronunciate anche da soggetti che ricoprono ruoli di responsabilità”, conclude la nota di Magistratura Indipendente.


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