PALERMO – “Non bastano le dichiarazioni di intenti, e non basta più neanche cambiare pagina, a mio avviso, bisogna “cambiare libro” per pensare diversamente, per amministrare diversamente, per servire diversamente lo Stato, …Tutti”. Con queste parole, il procuratore generale della Corte dei conti in Sicilia, Gianluca Albo, ha chiuso la propria relazione annuale sull’attività della procura contabile. Un richiamo forte alle pubbliche amministrazioni, affinché sia sempre più convinto il contrasto alla corruzione.
Ammonta a 14,21 milioni di euro il valore complessivo delle condanne con rito ordinario comminate in Sicilia dalla Corte dei conti nel 2019, a seguito di richieste di risarcimento, per reati amministrativi, per 64,82 milioni di euro, con un incidenza dunque del 22%. Percentuale che sale al 56% se si considerano anche le sentenze emesse con rito abbreviato.
E’ pari a 2,85 milioni di euro invece l’ammontare delle somme che sono state recuperate per cassa per reati amministrativi di cui è occupata la Corte dei conti nel 2019. In particolare, 2,09 milioni sono stati recuperati in fase di esecuzione delle sentenze di condanna, e 27.931,09 euro per recuperi su ordinanze di condanna. Le riparazioni spontanee, segnala il procuratore, hanno determinato la restituzione di 538.011,22 euro: 364.227,07 euro a seguito di attività istruttoria e 173.784,15 euro per invito a dedurre. Dai giudizi abbreviati sono stati recuperati 190.268,05 euro.
I dati emergono dalle relazioni del procuratore regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti in Sicilia, Gianluca Albo e del presidente della sezione giurisdizionale, Guido Carlino. I documenti sono stati pubblicati stamani dopo la decisione di annullare l’inaugurazione dell’anno giudiziario della magistratura contabile per l’emergenza coronavirus.
Nelle relazioni dei magistrati, viene passata in rassegna l’attività della magistratura in merito al contrasto degli illeciti contabili. Dal mondo della Formazione professionale a quello dei fondi europei (con particolare attenzione ai fatti riguardanti l’uso delle somme nell’agricoltura), passando per gli incarichi esterni illegittimi e i premi “a pioggia” nei confronti di dipendenti pubblici. Una carrellata di ‘citazioni’ e di sentenze che sono uno “spaccato” dell’Isola.
E in particolare alla corruzione, il procuratore Albo ha dedicato buona parte delle proprie conclusioni, usando parole molto forti facendo riferimento a “gravi distorsioni dell’azione pubblica, investigando su fattispecie di infedeltà funzionali dell’apparato politico-burocratico ed anche su opache interazioni tra magistratura e sistemi di potere consolidati”. Il procuratore cita per l’esattezza l’inchiesta sul “sistema Montante” che “ha dato – scrive il procuratore – un importante segnale di reazione dello Stato al sistema dell’antimafia di facciata che si era insidiosamente accreditata nelle Istituzioni che spesso ingenuamente, ma non sempre ingenuamente, si erano fatte “coccolare” da tensioni metagiuridiche sapientemente camuffate dalla – purtroppo diffusa – cultura dei simboli e delle solenni affermazioni di principio”.
Per il procuratore Albo è emersa “l’esistenza di un sistema collaudato di corruzione e infiltrazione nell’azione amministrativa da parte di portatori qualificati di interessi extrafunzionali illeciti in grado di pregiudicare in concreto la concorrenza e la corretta allocazione delle risorse pubbliche” e in questo vengono citati come esempio le inchieste su Anas e sul cosiddetto “Sistema Siracusa”.
Il magistrato poi chiama a una assunzione di responsabilità la stessa pubblica amministrazione che “non può essere vittima di se stessa per buonismo e reciproca, complice, comprensione tra organi di indirizzo politico e organi di gestione, e non può reagire alla corruzione e alla mala gestio affidandosi alla retorica di stile o confidando nell’intervento giudiziario per deresponsabilizzarsi”. Ma il quadro al momento non è incoraggiante: “Purtroppo, in Sicilia – scrive il procuratore Albo – si è ben lontani da una presa di coscienza del ruolo primario affidato alla stessa Amministrazione nel contrasto alla corruzione; la tendenza delle amministrazioni è di rimuovere l’obbligo anticorruzione concreto preferendo, sovente, l’anticorruzione di facciata, quest’ultima affidata alla convegnistica di settore, dichiarazioni di intenti e sterili invettive intrise di logica gattopardesca”. E tra le “gravi criticità” ancora presenti, ecco elencate, tra le altre, “l’arcaico sistema di vigilanza della burocrazia regionale sugli enti regionali”, la “violazione del sistema premiale e delle performances”, “la massima disattenzione delle amministrazioni nel recupero dei propri crediti con titubanze esecutive e disponibilità attendiste incompatibili con l’interesse creditorio comune”. Anche per questo, la Procura ha trasmesso alle amministrazioni pubbliche una “nota interpretativa sull’applicazione del codice di giustizia contabile in Sicilia”. Quella Sicilia, ammonisce il procuratore, ” dove sempre più frequentemente si ripetono solenni esortazioni ‘a voltare pagina’”. Ma affermare di voler voltare pagina, non basta più.