PALERMO– Questo è il luogo in cui tutti i per sempre diventano mai più. Qui gli sguardi annodati si sciolgono e vengono rispediti al mittente, le promesse d’amore di un tempo camminano, fino a spegnersi, nel corridoio del disamore. Prima sezione civile del tribunale di Palermo. La lista dei divorzi è appesa alla porta della stanza del giudice. Un pietoso pennarello ha nereggiato i nomi. Il rito della rottura si svolge in un sereno clima di cancelleria. Le carte confermano una lontananza che già esiste nei fatti. Sono pochi e noncuranti i passi da percorrere.
Arriva il giudice. Ha un’espressione che ricorda quella del pretore di ‘Sedotta e abbandonata’, quando Vincenzo Ascalone, padre preoccupato dell’onore della figlia, gli soffia addosso: “La mia è un’antica e onorata famiglia, e mai fu costretta a rivolgersi alla legge…”. “Eeeeh Ascalone”, è il gemito in risposta tra l’addolorato e il rassegnato. Si legge in quel viso di magistrato onesto, un’ombra professionale di mestizia.
Perché del disamore, del suo corridoio, tutti hanno paura, eccetto coloro che sono stati già straziati dalla sua via crucis e non torneranno indietro. Tutti temono che quel ‘per sempre’ rincorra un ‘mai più’. E che siano revocati gli abbracci, i baci, le canzoni cantate insieme, i lenti con le braccia al collo, le lettere con due labbra di rossetto, i tramonti sul mare e perfino “le magliette che sanno di sudore”, che sono – notare la rima del cantautore Marco Carena – “l’altro profumo dell’amore”.
In questi luoghi regna l’invisibilità dopo la tempesta. Ci si nasconde tra cocci di sentimenti infranti. Le parole sono sussurrate. La più gettonata è “soldi”. Segue “figli”. Appena in una circostanza la calma è increspata dal sopraggiungere di un molesto “molestie”. I lineamenti dei divorziandi non denunciano tic. Qualcuno naviga via telefonino. Altri siedono, immobili, con uno sguardo formato ‘tragitto in ascensore con un estraneo’. I più nervosi sono gli avvocati che hanno da rispettare scadenze al millesimo. Scendono e salgono per gli scaloni del palazzo di giustizia, tormentati dall’orologio. Crollano, infine, accanto agli imperturbabili clienti.
Solo una signora, in un angolo, inghiotte lacrime e sospiri, mentre gli altri sono impegnati a non vederla. Quella inopportuna manifestazione emotiva disturba la penombra studiata della noncuranza. Ha capelli bianchi, raccolti sulla nuca e occhiali spessi, la signora che piange. I sospiri si tramutano in singhiozzi. Bisogna comprenderla: è una mamma.
Perché un uomo e una donna si lasciano? Caterina Mirto, avvocato esperto in diritto di famiglia, consigliere dell’ordine a Palermo, prova a rispondere: “Bisognerebbe innanzitutto capire perché la gente si sposa. Dietro ai grandi amori, spesso si cela la voglia della festa, del viaggio di nozze esotico effettuato solo grazie alla lista di nozze. Molte coppie partono già con forti indebitamenti, perché non si può non avere la parete attrezzata, il televisore al plasma, la station wagon, la cucina pluri-accessoriata… La quotidianità dovrà comunque essere affrontata, il bisogno sarà sempre crescente e l’insoddisfazione, di fronte all’impossibilità di realizzarsi, sarà scontata”.
Non solo i giovani crollano: “Un’altra causa di separazione nasce dalla mancata condivisione della vita in comune che molte coppie, seppur sposate da diversi anni, devono amaramente constatare – avverte il legale – nel momento in cui l’attività lavorativa cessa e ci si ritrova a dovere condividere i propri giorni con un coniuge che in realtà non si conosce. La mia esperienza mi fa ritenere la separazione per infedeltà la più semplice da gestire…”. Con le corna, insomma, si può sempre correre ai ripari. Irreparabile è la reciproca solitudine – delle primavere o degli inverni – che conduce dritti nel corridoio del disamore.
Quanto sarà più semplice percorrerlo col divorzio breve che conterrà in una parentesi da sei mesi a un anno le cronache di un addio? L’avvocato Mirto nutre qualche dubbio: “I tempi del processo di separazione sono talmente lunghi che, per arrivare anche solo ad una sentenza parziale, passano tra dodici e sedici mesi. La legge, fino a quando non verranno ridotti i tempi del processo, sarà facilmente applicabile soltanto alle separazioni consensuali”. Una incertezza che non fermerà le coppie che vogliono autodistruggersi.
“Nel periodo di riferimento sono state iscritte nei Tribunali del distretto 3.447 cause di separazione (contro le 3.402 del precedente periodo) e 1.626 cause di divorzio (contro le 1.529 del precedente periodo); ne sono state definite, rispettivamente, 3.525 e 1.404 (contro le 3.219 e le 1.438 del precedente periodo), cosicché la pendenza finale si è attestata a 3.906 cause di separazione e 2.003 cause di divorzio, in lieve aumento rispetto al periodo precedente per i procedimenti di separazione (3.807) e in leggera flessione per i divorzi (2.049)”. Così sta scritto nelle risme dell’anno giudiziario 2014 per Palermo e Trapani. Il registro da legulei non nasconde lo strappo. I gelidi numeri non danno sollievo alla contabilità incandescente del fallimento.
Questo è il luogo degli strappi, dei fallimenti e dei ricomincio, il corridoio in cui l’amore si cristallizza nel suo nulla, al piano rialzato del Palazzo di giustizia di Palermo. Qui la seduzione si trasforma in abbandono. Eppure c’è un’altra verità che le facce impassibili, nascoste dentro una mattina qualunque, non dicono. Ci sono legami che diventano perfetti, custoditi dalla grazia e dalla volontà. Esistono uomini e donne che staranno insieme, con qualunque tempo.
Si apre la porta del giudice. Dalla stanza escono un uomo e una donna. Prendono strade che non si rincontreranno mai più. “Per sempre”, giurarono un giorno. Era solo un viaggio in ascensore, accanto a uno sconosciuto.
L’amplificazione mediatica e la strumentalizzazione politica di questo oscuro episodio stanno scatenando un complottismo senza fine!
La regola è che quasi tutti i femminicidi e delitti in famiglia in Italia sono commessi da italiani (basta leggere le statistiche ufficiali!)
Ma stranamente i media main stream si soffermano su quegli isolati femminicidi commessi da italiani. E il complottismo dilaga!
Il commento di un candidato alle europee sta scatenando una fortissima indignazione nei social e tra i palermitani. Usare in campagna elettorale una tragedia familiare sta indignando tutti. si chiama effetto boomerang!
Un tale era convinto che strumentalizzare una tragedia familiare avrebbe portato voti e consensi. Leggendo la furia dei palermitani dentro e fuori social si spera abbia cambiato idea e non lo faccia più.
lei è peggio dello spam
Moglie e buoi dei paesi tuoi.
Povera donna, pace all’anima sua.
Pace all’anima sua… Se in vita non ha trovato di meglio di codesta persona … che sia tunisino, italiano o di chissà dove non cambia nulla, possa nella nuova vita essere felice.
andrea 92 minuti di applausi
tu o non sai leggere o il tuo cervello è tarato per rispondere con frasi deliranti
alle europee capirai che avete perso