(Trentasette anni fa la sciagura. Noi la ricordiamo con la testimonianza di chi perse un congiunto, tratta dal blog di Roberto Alajmo – www.robertoalajmo.it – ringraziando i responsabili di quel sito per la collaborazione).
Oggi 5 Maggio sono 37 anni dal disastro aereo di Montagna Longa, quando un DC-8 dell’Alitalia proveniente da Roma, dando precedenza ad un aeromobile in atterraggio all’aeroporto di Palermo Punta Raisi, si schiantava su Montagna Longa sita tra il territorio di Carini ed il territorio di Cinisi.
C’erano a bordo 115 persone, tra i quali la giornalista de L’Ora Angela Fais, il regista Franco Indovina, Cestmir Vicpalek jr, figlio di Vicpalek Sr., gloria sportiva palermitana e futuro allenatore della Juventus e c’era anche la figlia dell’Ing. Salatiello, proprietario della Keller, grande realtà industriale del tempo. C’era anche un mio zio ventottenne, praticamente un fratello maggiore, a bordo di quell’aereo che fece da macabra “ouverture” a tutta una serie di stragi e di morti che da quegli anni in poi caratterizzarono la vita di questa città e la resero, anche per questo, unica.
Quell’aereo era, come questa città, una cipolla. Palermo infatti era rappresentata in tutti i suoi “strati”, le sue classi ed estrazioni, e poi tanti bambini. Venivano tutti, o quasi, per votare e partecipare a quel rito che avrebbe sancito un’ennesima vittoria della D.C., per la serie “ti piace vincere facile ?”.
Queste parole non sono dovute solo ad una vicenda personale. Anche quel disastro fu un piccolo mistero italiano finito nel dimenticatoio. Allora si parlò dei terreni del boss Badalamenti ceduti per costruire un aeroporto in una zona ventosa e logisticamente inadatta. Si parlò del T-Vasis che non funzionava. Qualcuno parlò anche di trame nere, ma poi non si arrivò a dimostrare nulla e fu facile per l’Alitalia incolpare il pilota risarcendo le vittime con quattro soldi. Vittime dimenticate.
Io mi permetto di ricordarle su questo blog con una poesia scritta, allora, da mia madre:
Un foglio di vecchio giornale
avvolge cipolle e altri ortaggi.
C’è un nome e quel vecchio giornale, di scatto, ti infila una lama nel petto.
Poter cancellare quel giorno
dalla faccia del mondo
poter ritornare alla sera, alla trepida attesa di affetti per un giorno di festa.
Poter ridonare la vita a quel nome che avvolge cipolle in un vecchio giornale…
Ridare la vita
ridare la vita a colui che è un ricordo
che vive ormai solo in noi stessi…
Potere, con mano pietosa,
cancellare la striscia dell’ultimo grido,
dell’estremo pensiero,
dell’estremo saluto dei 115 di Montagna Longa.
Mingo