Il film della fuga di Valentin
La cella di Frrokaj ha una finestra che si affaccia sul cortile del passeggio. L'ora d'aria gli spetta dopo pranzo. Prima di uscire l'ergastolano lega la corda fatta con le lenzuola alle sbarre della finestra e la lascia cadere. Oppure la nasconde e la porta con sé. Pare indossasse un giubbino sopra la maglietta con le maniche corte.
Il detenuto passeggia nel cortile. Da solo, come sempre, visto che è sottoposto ad isolamento. Giorno e notte. Aspetta il momento propizio per dare il via al piano di fuga.
Il momento si presenta quando l'agente della polizia penitenziaria si allontana. Non è ancora chiaro per quanti minuti. Si sa solo che l'allarme scatterà alle quattordici. L'ergastolano ne approfitta e inizia a scalare il primo muro, sfruttando la corda che ha lasciato appesa alle sbarre della cella. Oppure, ipotesi meno probabile, si è costruito un arpione rudimentale.
L'albanese si arrampica sul muro alto circa tre e metri e mezzo. E si ritrova sul tetto del cortile. L'altezza non è proibitiva. Salta giù e abbandona la prima corda.
Poche decine di metri più avanti c'è il muro di cinta. Una barriera alta sette metri. E liscia. È l'ostacolo più difficile verso la libertà. Deve scalarlo. Non ha altra scelta. Forse sale su un portone. Oppure usa come base d'appoggio una delle piccole costruzioni che costeggiano il muro. Riesce a raggiungere la cima. Per calarsi, lega la corda ad un faro dell'illuminazione. È il punto dove la ritroveranno gli agenti.
La parte più difficile è archiviata. Gli restano da superare due cancellate. La prima è alta quasi quanto il muro di cinta. Il detenuto è senza corde. Si è arrampicato a mani nude, dunque. Per i comuni mortali sarebbe un'impresa titanica. Le sbarre che compongono la cancellata scoraggerebbero tutti alla sola vista. Tutti, ma non un uomo allenato e atletico come Frrokaj, che vuole lasciarsi alle spalle il fine pena mai.
Tre metri, forse meno, nulla sono per un detenuto ad un passo dalla libertà. Tanto misura l'inferriata gialla che divide il carcere Pagliarelli da viale Regione Siciliana. Che conquista, a dispetto del cartello che associa l'aggettivo invalicabile al limite che lo separa dalla libertà.
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