La paura di un gioielliere: | "Sono costretto a chiudere" - Live Sicilia

La paura di un gioielliere: | “Sono costretto a chiudere”

L'ingresso della gioielleria in via Sampolo

Il titolare de "Il gioiello di Pani" racconta il drammatico tentativo di rapina avvenuto a fine dicembre e parla di una scelta dolorosa, ma che ritiene necessaria: quella di cessare la propria attività. "Viviamo nell'angoscia, i miei figli si svegliano nel cuore della notte e piangono. Sono costretto a cambiare vita".

PALERMO – Quaranta interminabili minuti con la pistola puntata. Sequestrato in macchina insieme alla propria moglie e ai suoi due bambini, di sette e cinque anni. Un incubo iniziato il 20 dicembre scorso, ma non ancora terminato. A raccontare le fasi del drammatico tentativo di rapina messo in atto ai suoi danni, è Giuseppe Bentivegna, titolare insieme al fratello del negozio “Il gioiello di Pani” di via Sampolo. Un commando formato da almeno sei malviventi ha preso di mira la sua gioielleria, nella quale i rapinatori sono riusciti a fare irruzione dopo essersi fatti consegnare le chiavi. “Non sono riusciti a rubare nulla perché è scattato l’allarme, ma mi hanno privato della cosa più importante: la serenità. Preferisco chiudere il negozio – dice Bentivegna – perché vivere con l’angoscia non è possibile”.

Angoscia che si materializza nel pianto, nel cuore della notte, dei suoi bambini, nella preoccupazione quotidiana della moglie, nell’ansia di non sentirsi più al sicuro neanche dentro la propria casa. “Erano le 20,40 quando i rapinatori hanno preso d’assalto la mia auto – racconta Bentivegna -. Si sono immediatamente impossessati della borsa di mia moglie, con dentro i documenti, le chiavi di casa e dei nostri cellulari. Non potevamo chiedere aiuto in alcun modo. Uno dei malviventi si è seduto accanto a me un altro si trovava dietro coi bambini. Gli ho chiesto di farli scendere, ma senza alcuno scrupolo è rimasto lì, continuando a minacciare me e la mia famiglia. Siamo stati portati in una stradina poco frequentata, via Valguarnera, nei pressi della Statua. I rapinatori, ancora incappucciati, ci tenevano sotto controllo mentre i loro complici erano ormai entrati nel nostro negozio. La strada era buia, ma qualche passante ha fatto finta di nulla pur capendo tutto quello che stava succedendo. Ci siamo sentiti soli e in balìa di noi stessi. Non c’è stato alcun limite alla loro violenza psicologica, alla solitudine di una famiglia in pericolo e in quel momento indifesa”.

I minuti passavano e i rapinatori, nel frattempo, setacciavano la gioielleria, finita nel mirino dei malviventi tre volte in un anno, come continua a raccontare Bentivegna: “Non ne possiamo più. Il nostro settore è già intaccato da una crisi economica che ci rende il lavoro complicatissimo. Io e mio fratello abbiamo continuato, nonostante le avversità, perché amiamo la nostra attività e da dodici anni non ci siamo mai fermati di fronte agli ostacoli. E’ stata la passione che ci ha fatto andare avanti imperterriti, ma questo episodio doloroso mi ha fatto disinnamorare. E’ già il terzo. I vetri antiproiettile e antisfondamento del nostro negozio sono stati danneggiati più volte. Mentre lo scorso anno, è addirittura stato praticato un foro nel retro del locale: all’apertura abbiamo trovato anche lo scotch con il quale avrebbero dovuto bloccarci per costringerci a disattivare l’impianto di sicurezza. Un piano che andò in fumo perché aprimmo in ritardo. Stavolta, invece, se l’allarme non avesse funzionato, probabilmente ci avrebbero rovinato”.

E se le conseguenze non sono di natura economica, bisognerà adesso far fronte a quelle psicologiche e morali: “Sono trascorse più di due settimane, ma uno dei miei bambini non riesce nemmeno ad entrare in negozio, che abbiamo tenuto chiuso per diversi giorni dopo l’accaduto. Mia moglie è terrorizzata da chiunque si avvicini alla macchina quando guida ed io cerco di farmi forza, ma non è semplice. Quello che è successo ci ha segnati profondamente. Forse, soltanto l’arresto di questa banda potrà darci un po’ di tranquillità: è assurdo che dopo un sequestro di persona, con tanto di minori, minacce a mano armata e tentata rapina, questa gente sia ancora a piede libero. Spero le forze dell’ordine garantiscano alla giustizia chi ha rubato la nostra serenità. Chiuderemo l’attività che con amore, passione, sacrificio e abnegazione ci siamo inventati e sforzati di portare avanti, perché non ci sentiamo tutelati da niente e da nessuno”.


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