Domenica 11 giugno alle 23 non vorremmo essere nei panni dei poveri scrutatori al lavoro a Palermo. Con i partiti che giocano a nascondino e l’esplodere di liste civiche a iosa, un copione tipico delle comunali nei piccoli centri e abbastanza inusuale per la quinta città d’Italia, i palermitani troveranno la scheda elettorale affollata di simboli sconosciuti, di liste e listarelle dai nomi mai sentiti prima e per la verità spesso abbastanza simili tra loro. Non ci vuole la zingara per immaginare che qualche elettore vada in confusione, scrivendo il nome del candidato consigliere accanto al simbolo sbagliato. E saranno dolori per i presidenti di seggio.
In cabina elettorale toccherà ricordarsi se il cugino, nipote, vicino di casa o conoscente (mezza città si sta candidando) è in lista con “Palermo al centro”, con “Palermo prima di tutto” o con “Mosaico Palermo”. Per chi avrà dimenticato il “santino” elettorale a casa, non resterà che tirare a indovinare e sperare nella sorte.
È la politica al tempo del civismo antipolitico, bellezza. E bisogna adeguarsi. Leoluca Orlando, che alla scuola di una politica un tantino più attrezzata dell’attuale s’è formato, si è affidato ai buoni vecchi numeri. Quelli si tengono a mente più facilmente, come ricorderà il Professore dai tempi d’oro in cui la sua Democrazia Cristiana piazzava triplette e cinquine nell’era della preferenza multipla. E così, due liste su tre tra quelle che fanno capo direttamente al sindaco uscente, hanno un numero nel nome, ossia quella del “Movimento 139” (numero che richiama la Costituzione) e quella di “Palermo 2022” (la data in cui par di capire che i palermitani sperimenteranno il brivido di un’elezione a sindaco senza Orlando). 1, 39, 20 e 22: c’è da giocarsi una bella quaterna su Palermo.
Ma col Professore c’è anche la lista “Alleanza per Palermo”, quella promossa dal deputato regionale Totò Lentini (che la indica col dito in un memorabile manifesto). Nome che somiglia un po’ a “Per Palermo”, la lista messa in piedi da Marianna Caronia a sostegno del trasversale Ferrandelli, nel cui simbolo però si legge un illuminante “per Fabrizio”. Meno male che La Vardera si chiama Ismaele, e almeno su questo è difficile far confusione. Con Ferrandelli c’è anche un “Palermo prima di tutto” e un “Palermo al centro”, che spera di prendere voti però anche in periferia. E poi il più noto brand dei “Coraggiosi” (nel logo, probabilmente concepito da un cinese, è scritto in verticale).
Il Pd e gli alfaniani si sono acquattati dietro a un simbolo mascherato allineandosi al diktat orlandiano, mentre i partiti di centrodestra, divisi tra Ferrandelli e La Vardera, si presentano coi simboli tradizionali così come il Movimento 5 Stelle. Pagherà la loro scelta o il “civismo” travolgerà tutto e tutti? Lo scopriremo la sera dell’11 giugno, quando gli scrutatori forse rimpiangeranno i bei tempi andati del pentapartito.