Il grido del papà di Giulio: "Crack, l'inferno delle famiglie"

Il grido del papà di Giulio: “Crack, l’inferno delle famiglie”

Il monito dell'arcivescovo di Palermo al festino. La storia di Giulio. Parla il papà.

“Ringrazio l’arcivescovo, monsignor Corrado Lorefice, delle frasi molto nette e fortissime. Giulio, mio figlio, è morto per il crack. Dietro i ragazzi ci sono le famiglie, che soffrono per una situazione infernale”.

Francesco Zavatteri, il papà di Giulio, ha ascoltato le parole di Don Corrado, al corteo della Santuzza, in un mare di folla che è stata colpita al cuore dalla loro potenza. L’arcivescovo di Palermo, durante il Festino, nel mezzo del percorso dalla peste alla luce, quando tutti erano concentrati sui babbaluci, ha fermato il meccanismo, per un attimo, e ha messo la città davanti alla verità più cruda. I ragazzi che muoiono di crack. La droga comprata che rimpingua le casse della mafia. La responsabilità di chi acquista da un mercato illegale che vende morte, di giorno e di notte, nei vicoli di Ballarò e nelle altre piazze di spaccio.

Francesco non ha seguito il Festino. Ma gli hanno raccontato tutto. Lui è impegnato per creare, proprio a Ballarò, un centro a bassa soglia per le dipendenze. “Sì, dobbiamo pensare alle famiglie – incalza – che è come se vedessero i figli che si drogano lontani, dietro un vetro antiproiettile, cambiati, senza che le istituzioni posano aiutarti in questo percorso di morte. Le famiglie stanno malissimo perché non hanno i mezzi per intervenire”.

Francesco Zavatteri parla, in un misto di rabbia, dolore e impegno: “Ho conosciuto tante persone che hanno un ragazzo dipendente dal crack a casa. Padri che non sanno dove sbattere la testa. Madri distrutte. Le modalità si presentano diversamente, ma i problemi sono gli stessi. Questi ragazzi diventano violenti, fanno cose incredibili per la dose. Devono essere curati. Devono essere salvati. E poi c’è la cocaina che si disperde in mille rivoli. E’ innegabile, chi compra droga dà soldi alla mafia”.

Il progetto della ‘Casa di Giulio’ ancora non ha visto la luce. “Lunedì c’è un incontro al Comune, poi ci sarà un tavolo tecnico – dice Francesco -. Vediamo cosa esce fuori. Si parla di bandi per le associazioni. Non vorrei che, in qualche segmento dell’associazionismo, ci fosse più interesse all’utile che alla cura. Le famiglie si sentono abbandonate, si deve fare qualcosa”.

Ogni giorno, il dottore Francesco Zavatteri sosta, per lunghi momenti, nella stanza di suo figlio. Ha pubblicato una foto su Facebook e ha scritto: “La sua stanza, il suo rifugio… il luogo dove pensavo fosse al sicuro!”. Sono le parole di un padre che sa, perché ha dovuto impararlo suo malgrado, che il male, sotto forma di crack, ti raggiunge ovunque. E non dà scampo. Questo è il suo grido. (rp)


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