ADRANO. Le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia non trovano discordanze. Tutti convergono alla stessa conclusione. Le estorsioni al mercato ortofrutticolo di Adrano erano divise tra il clan Santangelo ed il clan Scalisi: si faceva tutto a metà. Da ultimo “l’appalto malavitoso” era gestito da Gianni Santangelo: ma prima del 2009 Alfio Santangelo, che era ancora a piede libero poiché al tempo tutti pagavano solo agli Scalisi, impose che da quel momento dovevano pagare a lui con una azione dimostrativa armi in pugno al mercato stesso. Poi si trovò l’accordo e da allora le estorsioni del mercato ortofrutticolo si divisero tra i due clan.
Ma sempre stando alle dichiarazioni rese ai pm dai collaboratori di giustizia, è Nino Quaceci detto anche topo grigio o anche “Nino pelliccia”, genero di Alfio Santangelo a essere il reggente operativo del clan. Santangelo aveva sostanzialmente delegato a lui molti compiti riguardanti le attività criminali del clan. La stessa cassa comune dei proventi del traffico di droga e del racket delle estorsioni era sempre tenuta da Quaceci e da Nino Crimi: i responsabili dello spaccio di cocaina, eroina e marijuana dovevano sempre rendere conto a loro due.
Dopo l’arresto di Pietro Severino, reggente a sua volta del clan Scalisi, è Pietro Maccarrone a succedergli: e Quaceci assieme allo stesso Maccarrone cominciano a costruire assieme una rete di affari sia per fare recupero crediti che per incentivare il già fiorentissimo traffico di droga. In pratica, Pietro Maccarrone faceva affari con i Taccuni ed in particolare proprio con Nino Quaceci.
In una trascrizione resa dai collaboratori di giustizia, si legge: “Con il clan Santangelo ci dividevamo anche le estorsioni per le macchinette videogioco e una parte spettavano al nostro clan e se ne occupava Turi “u cunigghiu” figlio di Pietro Severino, ed una parte spettava al clan Santangelo. Ricordo che in alcune occasioni le estorsioni di tali videogiochi venivano raccolte tutte dai Santangelo e poi il Quaceci dava la parte spettante agli Scalisi a Turi u cunigghiu”.
In questo perverso gioco criminale, non venivano risparmiati i commercianti adraniti vessati dal pizzo imposto dai clan. In una intercettazione Nino Quaceci parla chiaramente di qualcuno che gli aveva versato una prima tranche di danaro dovendo consegnare la restante parte nei mesi successivi. La telefonata è con Alfio Santangelo::
Santangelo A: Quanto venti…?
Quaceci A: Appena li prende … ora
Santangelo A: Eh…
Quaceci A: Lunedì me li porta … che …
Santangelo A: Dice che c’è li aveva a casa..?
Quaceci A: Cosi mi ha detto … gli ho detto e gli altri… ? Gli ho detto … minchia già stava iniziando a piangere … gli altri gli ho detto con la calma .. gli ho detto tra un cinque mesi… cose .. poi… ine…
Santangelo A: Per Natale
Quaceci A: Dice però ma … no … no per una trentina … per favore … per favore … anzi… già stava iniziando Peppino Russo … io … eh … pum… pam