Il naufragio di San Lorenzo |Catania non dimentica - Live Sicilia

Il naufragio di San Lorenzo |Catania non dimentica

Di fronte alla stele commemorativa sono stati posti dei fiori, segno della voglia di non dimenticare.

"Tre Giorni senza frontiere"
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CATANIA – Oggi i tanti europei e nuovi europei, partecipanti alla “Tre Giorni senza frontiere” si sono ritrovati alle ore 10 di fronte il Lido Verde, Viale Kennedy, per commemorare le vittime del tragico naufragio del 10 agosto 2013, dove morirono, a pochi metri dalla spiaggia catanese, 6 giovani egiziani. Di fronte alla stele commemorativa sono stati posti dei fiori, segno della voglia di non dimenticare. Sono intervenuti, tra gli altri, Emiliano Abramo, Presidente della Comunità di Sant’Egidio in Sicilia, Dario Monteforte, titolare Lido Verde e primo soccorritore, Tommaso Mondello, Prefettura di Catania, Marilina Giaquinta, Questura di Catania, Giuseppe Lombardo, Assessore del Comune di Catania.

Ecco le parole di Emiliano Abramo, della Comunità di Sant’Egidio

Ci ritroviamo qui, per la quinta volta, per fare memoria del tragico sbarco del 10 agosto 2013 giorno in cui persero la vita 6 giovani egiziani, giorno ricordato su questa stele che abbiamo allora voluto porre in questo luogo per commemorare quell’evento ma anche per ricordare quelle sei giovani vite risucchiate dal mare e ricordare inoltre la sana risposta in quella circostanza della città di Catania, particolarmente dei suoi giovani, che prontamente intervenirono.

Noi non abbiamo vissuto quel momento come un episodio gestito da bravi ragazzi, ma abbiamo intuito che c’era bisogno di una comprensione profonda al punto che ci ritroviamo qui per il quinto anniversario ovvero siamo rimasti vicino al mare, alla gente che viene dal mare ieri come oggi.

Tante cose sono cambiate in questi cinque anni, avvertiamo e respiriamo un clima più insopportabile del caldo di questa giornata di agosto perché spesso segnato dal puzzo dell’intolleranza e del razzismo.

Noi che siamo stati vicino al mare abbiamo capito e oggi ci assumiamo la responsabilità non solo di fare memoria, non solo di affermare che nessuno deve morire di speranza, ma vogliamo assumerci la responsabilità di parlare anche al mondo di adulti, di giovani, di parlare a tutti per dire che non bisogna cedere alle politiche dell’odio e della divisione.

“La felicità è un pane che si mangia insieme”, abbiamo ricordato in questi giorni. Noi crediamo che insieme significhi non chiudere le porte a nessuno, soprattutto a chi cerca pace. Noi soffriamo per una società divisa, dove si chiudono le porte dell’amicizia agli anziani, sempre più soli e sempre più chiusi con troppa facilità negli istituti; non vogliamo chiudere le porte ai bambini dei quartieri storici, sempre più trascurati; non vogliamo chiudere le porte in faccia a chi ha cultura, religione e colore della pelle diverso dal mio.

Non abbiamo paura della diversità, anzi come ha detto pochi anni fa ad un recente incontro della Comunità di Sant’Egidio il grande Bauman, uno dei più lucidi pensatori del nostro tempo recentemente scomparso, la diversità è la nostra ricchezza.

Noi abbiamo visto quanta ricchezza abbiamo trovato tra i nuovi europei ovvero tra i nostri amici migranti nel nostro lavoro con i poveri, abbiamo visto quanto hanno arricchito le nostre preghiere e le nostre vite con la loro amicizia e presenza.

È proprio vero: la felicità è un pane che si mangia insieme e noi abbiamo scelto di essere felici e di invitare tutti, ma proprio tutti, ad una vita felice liberata dalla paura e dalla contrapposizione ma condita dall’incontro e dal sapore buono della diversità.

Oggi facciamo memoria di quel 10 agosto 2013, un umile inizio per questa città che, come dice la Scrittura nessuno deve disprezzare. Questa memoria per noi, annaffiata dalla nostra preghiera, dalla nostra presenza fedele negli anni è più forte dei venti xenofobi e violenti che spesso sembrano soffiare forte ma che oggi, insieme a tanti, con un cuore sincero, scopriamo essere deboli venticelli che non possono scalfire la vocazione di questa città che anzi vuole quasi provocare dicendo a tutti: noi rimaniamo vicino al mare, rimaniamo e rimarremo umani vicino al mare.

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