Il Partito Democratico siciliano ha bisogno di una svolta - Live Sicilia

Il Partito Democratico siciliano ha bisogno di una svolta

Gli obiettivi da ricordare
L'OPINIONE
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3 min di lettura

Se il tuo partito, che ambisce a diventare il perno del proprio schieramento, è da anni all’opposizione e sei alla vigilia di un congresso che deve eleggere la nuova classe dirigente allora dovresti importi almeno tre obiettivi.

Il primo, dare una dimostrazione di grande unità e di volontà di governo, sì, perché si può stare comodamente all’opposizione, litigare e al contempo flirtare con la maggioranza per sopravvivere e garantirsi le poltrone finora occupate.

Il secondo, vedere dirigenti e rappresentanti nelle istituzioni concentrati sulla elezione di un segretario in cui possano riconoscersi non soltanto gli iscritti, i circoli ma pure i non iscritti che nonostante le delusioni conservano voglia di partecipazione.

Il terzo obiettivo, presentare all’elettorato un programma ambizioso, seppur non velleitario, e convincente proponendo volti e storie personali credibili.

Tre obiettivi minimi, soprattutto se stiamo parlando della Sicilia, regione tra le ultime in Europa sul piano delle condizioni economiche e sociali, a partire dalla sanità, dalla siccità e dalle carenti infrastrutture, e con le sue città abbastanza in fondo nelle classifiche circa le qualità della vita.

Soprattutto, se stiamo parlando della Sicilia che ha raggiunto livelli altissimi di astensionismo. Alle ultime regionali, vittorioso Renato Schifani con il centrodestra, ha votato appena il 48,81% degli aventi diritto.

Evidentemente, però, il Partito Democratico siciliano non la pensa così dando in queste ore spettacolo, per l’ennesima volta, di laceranti divisioni e atteggiamenti autoreferenziali che lasciano immaginare una guerra casalinga tra correnti e capibastone. Una guerra strumentale, su aspetti burocratici e regolamentari sicuramente poco affascinanti per il popolo concentrato su ben altri drammi.

Attenzione, tutti i partiti, succedeva anche nella Prima Repubblica, sono la somma di sensibilità e posizioni diverse, non è uno scandalo, il problema sorge quando l’apparato prevale sui contenuti e sulla compattezza di fondo, elementi indispensabili nei momenti delle scelte fondamentali come espressione di una identità unitaria che sia percepibile dall’opinione pubblica.

Insomma, verrebbe da chiedere al PD, vuoi provare a riconquistare i voti perduti, d’opinione e candidarti al governo o ti accontenti del limitato consenso da zoccolo duro? Nel PD siciliano si bisticcia, ad esempio, su un tema che dovrebbe risultare pacifico: le primarie. In una regione dove una marea di gente non va più a votare forse sarebbe meglio tentare di coinvolgere il maggior numero possibile di potenziali elettori.

Una maniera, coraggiosa, per scardinare il sospetto di una sorta di resa dei conti tra notabili già decisa a tavolino sulla base del numero di tessere possedute. In subordine, ma parecchio in subordine, una elezione plebiscitaria del segretario che si lasci alle spalle scontri tra correnti, agguati e vendette.

Inoltre, è scoppiato nel partito un conflitto con la deputazione dem all’Assemblea Regionale Siciliana. Sostanzialmente gli onorevoli piddini di Sala d’Ercole vengono accusati di aver preso parte, in occasione dell’approvazione dei documenti contabili ed economico-finanziari della Regione Siciliana, alla spartizione di fondi per foraggiare questo o quel comune, finanziare questa o quella manifestazione a seconda degli interessi elettorali. Ovviamente accuse rinviate al mittente.

Certo è che l’attuale e contestato segretario Anthony Barbagallo ha definito la Finanziaria, da poco approvata, la peggiore di sempre. Magari, sarebbe stato assai opportuno, al fine di evitare equivoci sull’esistenza di accordi sottobanco, un rifiuto categorico, esplicito e comprovato dell’antico e trasversale vizio di disperdere soldi pubblici in mille rivoli senza una visione complessiva di sviluppo economico dell’Isola.

In conclusione, guardando al necessario confronto democratico tra opposte forze politiche, che rifugga dal consociativismo di funesta memoria e costantemente in agguato, non ci resta che sperare in un colpo di reni del PD siciliano per offrire all’esterno una comunità compatta su valori condivisi e su un modo di intendere e di praticare la politica lontano dagli intrighi di palazzo e finalmente attento esclusivamente ai bisogni della collettività. Ingenuità la nostra? Vedremo.


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