Il pentito fa tremare i Santapaola: ecco l'album, tutti i NOMI - Live Sicilia

Il pentito fa tremare i Santapaola: ecco l’album, tutti i NOMI

Catania: ci sono killer, boss, trafficanti, affiliati e picchiatori

CATANIA – Un album di fotografie. Nomi di spessore della criminalità organizzata, esattori del pizzo, trafficanti di droga e semplici “amici” del clan Tomasello – Toscano – Mazzaglia. Il pentito Vincenzo Pellegriti fa tremare il clan descrivendo, agli inquirenti coordinati dal pm Francesco Puleio, ruoli e strategie della famiglia mafiosa affiliata agli Ercolano – Santapola. Le sue dichiarazioni sono al centro dell’ordinanza di custodia cautelare dell’operazione ‘Ultimo atto’ dei carabinieri.

I primi nomi di spessore

I carabinieri di Paternò selezionano 23 fotografie. Già sui primi nominativi, Pellegriti svela numerosi particolari. “Riconosco nella foto n. 1 Dino Galvagno detto ‘Cuasetta, che solo dopo l’arresto di Longhitano ha assunto un ruolo di rilievo nel clan mafioso e in particolare lo stesso come ho detto gestiva tutte le estorsioni per poi dare gli stipendi ai detenuti ed io stesso nel 2018 e sino al 2019 ho ritirato su suo mandato estorsioni dando a lui i proventi”.

Il collaboratore sostiene che “le persone più vicine al Galvagno erano Licciardello Piero e Manuel detto ‘Ciuccetto‘, e Galvagno era molto legato al Mancari dal quale si recava spesso, anche se non so dire con esattezza quale fosse il rapporto tra i due perché io avevo rapporti per le estorsioni con il Galvagno. Per quanto riguarda lo spaccio di stupefacenti che io sappia lui non se ne occupava ed io per spacciare chiesi al tempo l’autorizzazione al Mancari”.

Subito dopo i carabinieri mostrano la foto di Carmelo Militello, “conosco solo di vista – dice il collaboratore – tale Carmelo detto a pizza che gestiva l’agenzia dei trasporti ma non ho alcun rapporto con lui”.

“Riconosco il boss” e ‘U pisciaru

“Riconosco nella foto n. 3 Mancari Giuseppe detto u pipi, storico boss di Biancavilla, che nell’ultimo anno circa non si esponeva molto e con me ha avuto pochi rapporti per quanto riguarda le attività illecite”. Pellegriti confida anche che sarebbe stato proprio il boss ad autorizzarlo a spacciare “liberamente” a Biancavilla “senza dover dare soldi per i detenuti anche perché lui era arrabbiato dopo avere subito il tentato omicidio”.

Subito dopo viene il turno di Piero Licciardello, “figliastro di Melo Vercoco detto u pisciaro e fa parte del clan già dai tempi in cui era operativo il Vercoco con il Muscia. Negli ultimi due anni lo stesso principalmente si occupava di ritirare estorsioni i cui proventi dava al Galvagno e principalmente erano destinati al Vercoco così come una parte dei proventi dello spaccio”.

Il pentito ricorda che Liccardello sarebbe stato “collegato” a Carmelo Vercoco e dopo il suo arresto “faceva riferimento per le attività illecite al Galvagno”.

“Riconosco gli spacciatori”

Il pentito Pellegriti non ha dubbi, quando vede la foto di Nicola Minissale. “Lo riconosco, lo chiamiamo ‘U papa, che spacciava cocaina per conto mio nell’ultimo anno. Ero io a fornirgli la cocaina, e l’accordo con lui era che io gli davo la cocaina al prezzo che io la acquistavo senza ricarico ma lui era tenuto a mandare una parte dei guadagni al detenuto Vincenzo Cardillo del clan mafioso che stava a cuore sia a me che a lui”.

E ancora, Pellegriti svela alcuni particolari su un altro volto, contenuto nell’album dei carabinieri, quello di Salvatore Manuel Amato: “Riconosco nella foto n. 6 Manuel detto ‘Ciuccetto‘ che ha cominciato a fare parte del clan mafioso dopo l’arresto di Longhitano e faceva riferimento a Dino Galvagno, per conto del quale ritirava estorsioni come ho detto e poi lo stesso insieme a Piero Licciardello spacciava erba e cocaina”. Il pentito ricorda anche alcune tensioni sorte durante lo spaccio. “Io non volevo che loro spacciassero – racconta ai carabinieri – facendomi concorrenza e ci ho litigato dandogli pure uno schiaffo e lui e Licciardello si giustificavano dicendo che davano poi i soldi a Vercoco. Lo stesso Manuel poi si procurò anche una pistola 9 x 21”.

Pellegriti accusa un altro biancavillese di spaccio, D. F., “Detto ‘U ballunaru – dice il collaboratore – di cui non ricordo il cognome, lo stesso spacciava erba per conto mio. L’accordo era che lui era da me autorizzato a spacciare, poteva comprare erba solo da me che gliela vendevo con un ricarico (ad esempio la prendevo a 3 euro al grammo e gliela vendevo a 5 euro al grammo) e poi il suo guadagno era dallo spaccio al dettaglio”.

Lavoro e spaccio

Il collaboratore di giustizia riconosce e accusa anche Nunzio Margaglio, “che era sempre un mio spacciatore al quale fornivo erba e cocaina. Prima di lavorare con me come è accaduto circa nell’ultimo anno e mezzo, lavorava spacciando per conto di Gioco Salvatore e Maugeri Alfio”.

Sarebbe uno spacciatore anche D. M., “che spacciava solo marijuana per conto mio negli ultimi 5 o 6 mesi. Come al solito io gli davo lo stupefacente con un ricarico e poi lui spacciava al dettaglio”. Stesso discorso per “tale Turi di cui non ricordo il cognome che spacciava solo marijuana per conto mio negli ultimi 5 o 6 mesi”.

L’elenco è lungo

Nell’elenco anche colui che avrebbe rifornito Pellegriti di marijuana, due chili al mese, più 100 grammi di cocaina. “Turi detto u malpassotu – dice il pentito – perché è di Belpasso, che è la persona che mi aveva fornito il kg di marjuana che poi ho di recente fatto sequestrare ai carabinieri quando ho iniziato a collaborare. Da circa 6 o 7 mesi mi forniva marijuana e cocaina, e l’ho conosciuto perché me lo presentò Cristian Lo Cicero di Adrano”.

Spacciava per mantenere il padre

C’è anche chi avrebbe spacciato per mantenere la propria famiglia, come nel caso di Marco Toscano, “figlio di Teddu Toscano, storico componente del clan mafioso”. “Lo stesso di recente venne a dirmi – racconta il collaboratore – che suo padre non aveva soldi e che avrebbe iniziato a spacciare anche per mantenere il padre. Io gli dissi che lo poteva fare ma io non gli avrei fornito droga, e so che effettivamente lo stesso spaccia cocaina ma non so chi gliela fornisca”.

“Vi dico chi è il grossista di eroina”

Alla foto 13, Pellegriti fa una rivelazione, riconosce quello che sarebbe “un grossista di eroina, cocaina e marijuana ed è di s. Cristoforo”. Si chiama A. M.. “Nell’ultimo anno so che forniva droga come lui stesso mi confermò a R.T., persona che spacciava a Biancavilla e con il quale ho litigato, e che mi disse che spacciava per aiutare Antonio Longhitano in carcere”.

Gli altri nominativi

Il collaboratore riconosce Alfredo Cavallaro detto ‘Magghia’, ma su di lui non svela particolari. E ancora, V. F., “che spacciava per conto mio sin dal 2015 e che è presente anche nell’ordinanza con la quale sono stato arrestato”.

Pellegriti che il clan aveva a disposizione un biancavillese cocainomane per picchiare le persone, le iniziali sono A.C. : “Era un assuntore di cocaina che utilizzavamo solo quando si doveva picchiare qualcuno e lo faceva in cambio di un po’ di cocaina”.

Riconosciuto anche Cristian Lo Cicero, tra gli indagati del blitz, Alfredo Mancari, “figlio di Pippo che è un lavoratore estraneo al clan e non fa attività illecite”. Il pentito tiene fuori dal clan anche un altro figlio di Mancari, Roberto. Diverso è il discorso sul nipote del boss: “Maurizio detto ‘Cacaredda che spacciava cocaina con Marco Toscano ed è nipote di Pippo Mancari con il quale ha uno stretto rapporto”.


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