Il presunto "estorsore antiracket" dovrà restituire 83mila euro - Live Sicilia

Il presunto “estorsore antiracket” dovrà restituire 83mila euro

I giudici della Corte dei conti hanno emesso la condanna d'Appello.

CATANIA – Sarebbe possibile provare che, almeno dal 2009, Salvatore Campo si faceva pagare dalle vittime di usura ed estorsione per il suo supporto in qualità di presidente dell’associazione antiracket Asia. Per questo motivo, i contributi percepiti dalla Regione Siciliana a partire da quell’anno devono tornare al mittente. Lo dice una sentenza di Appello della Corte dei Conti di Sicilia che, pochi giorni fa, ha condannato Campo alla restituzione di 83.746,63 euro. In luogo dei quasi 26mila euro, che gli erano stati chiesti dai giudici contabili in primo grado.

L’operazione My racket

Salvatore Campo viene messo agli arresti domiciliari nel 2018 nell’ambito dell’operazione My racket della procura di Catania, eseguita dal comando provinciale della Guardia di finanza etnea. Viene alla luce così il racket dell’antiracket, spunta l’estorsore antiusura.

All’epoca, Campo è il presidente dell’Associazione siciliana antiestorsione (A.Si.A.), con sede ad Aci Castello. Le accuse sono di falso ideologico, peculato ed estorsione continuata: avrebbe chiesto denaro alle vittime di pizzo e usura, anziché assisterle gratuitamente. Per quest’ultimo motivo era arrivata anche l’accusa di peculato: la gratuità dei servizi di Campo, e dell’associazione, era alla base della possibilità di ottenere le erogazioni dei fondi regionali.

In quei giorni gli vengono sequestrati 37mila euro di fondi pubblici, che lui avrebbe usato per fini personali. Il processo penale è in corso: l’accusa di estorsione è stata mutata in concussione, le udienze sono andate avanti e il 19 maggio è prevista la prossima.

La Corte dei conti

A quel versante, però, nel 2020 si è aggiunto anche quello contabile: la procura della Corte dei conti ha citato Salvatore Campo in giudizio, chiedendogli di restituire 160mila euro e spicci: i soldi ricevuti dalla Regione Siciliana sin dai tempi dell’atto di costituzione dell’associazione, nel 2002.

La questione degli anni, per la magistratura contabile, è un fatto dirimente: da che momento in poi l’associazione Asia sarebbe diventata non più una onlus bensì un’impresa con lo scopo di lucrare sulle vittime di reati? A partire da quale data Campo avrebbe cominciato ad applicare agli utenti un tariffario “che oscillava tra il tre e il cinque per cento delle somme che venivano da costoro riscosse” in quanto vittime di estorsioni, perdendo il diritto ai contributi regionali?

La sentenza di primo grado

Per i magistrati contabili di primo grado, Salvatore Campo doveva restituire 25.818 euro, “scaturiti dall’indebita percezione, da parte dell’Asia, delle contribuzioni erogate dalla Regione Siciliana nelle annualità 2014, 2015, 2016 e 2017″. Cioè quelle che, secondo la prima sentenza di Corte dei conti, erano coperte dall’indagine della Finanza.

La procura regionale della Corte dei conti, però, non è d’accordo e fa Appello. “Sia dalla richiesta inoltrata dalla Procura della Repubblica, sia dalla correlativa ordinanza emessa dal tribunale di Catania – si legge – si evince che le misure cautelari chieste e irrogate a carico di Campo hanno riguardato anche fatti illeciti risalenti all’anno 2009“. Le prove, tra l’altro, sarebbero “emblematiche di un modus operandi” esplicitato dallo stesso Campo in un’intercettazione telefonica: “Comunque stiamo attenti, questo per me è lavoro – diceva il presidente di Asia a una vittima che gli si era affidata, senza sapere di essere ascoltato dalle Fiamme gialle – Nel caso noi dovessimo riuscire ad avere veramente quello che compete a te, il cinque per cento me lo riconosci“.

Un virgolettato sufficiente per ritenere, dice la procura regionale, che Asia fosse “una pseudo associazione, utilizzata da Campo come schermo per coprire le proprie attività lucrative, per perseguire finalità egoistiche e per ottenere l’indebita erogazione di contributi pubblici”.

La sentenza di Appello

I magistrati della Corte dei conti vanno poi avanti: bisogna chiedere indietro non solo i 25mila euro accordati dal giudice di primo grado. Bensì tutti i 160mila che Asia avrebbe percepito dal 2002 all’arresto del suo presidente. O, quantomeno, almeno gli 83.746 euro versati dalla Regione Siciliana a partire dal 2009, anno al quale farebbe riferimento il primo degli illeciti contestati dalla magistratura penale.

La difesa di Salvatore Campo non è rimasta a guardare: non è vero che l’associazione era fittizia, sostiene il suo legale, l’avvocato Fausto Giannitto. E “in ogni caso, la percezione dei contributi pubblici non potrebbe considerarsi indebita, avendo il Campo, in qualità di presidente dell’Asia, provveduto a rendicontare alla Regione l’utilizzo delle somme ricevute”.

Le obiezioni, però, non vanno a segno. Non solo perché non notificate alla procura, e quindi “inammissibili“, ma anche nel merito. “Per quanto riguarda l’arco temporale successivo al 2008 – si legge nella sentenza – appaiono ravvisabili sufficienti e particolarmente significativi elementi dimostrativi della non gratuità delle prestazioni di consulenza e di assistenza rese dall’Asia, presieduta da Campo, in favore delle vittime di episodi di usura ed estorsione”.

Per la Corte dei conti, insomma, Campo non dovrà restituire 160mila euro, ma 83mila sì. Alla Regione Siciliana, “a titolo di risarcimento dei danni“.


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