Il racconto dell'orrore "Così ho ucciso Alessandra"

Palermo, il racconto dell’orrore |”Così ho ucciso Alessandra”

La confessione di Damiano Torrente: "L'ho strangolata e gettata giù da Monte Pellegrino"
L'OMICIDIO DEL 2015
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PALERMO – “Sono venuto stamattina dai carabinieri perché voglio confessare che nel 2015. Ho ucciso una donna”. Inizia così il drammatico racconto di Damiano Torrente, reo confesso dell’omicidio di una rumena di 30 anni. Un delitto avvenuto cinque anni fa. “Ho conosciuto questa donna nell’estate 2015 all’Addaura, era una senza tetto… l’ho trovata sugli scogli – prosegue il racconto -. L’ho portata a casa mia. Le ho offerto un caffè, all’epoca vivevo in una villetta all’Addaura”.

LA RELAZIONE SENTIMENTALE


La semplice conoscenza diventa qualcosa di più: “Tra noi è nata una relazione sentimentale e sessuale, l’ho accolta a casa mia perché in quel periodo mia moglie insieme ai miei figli era partita per la Romania”.
È l’inizio dell’incubo: “Questa signora aveva bisogno di soldi e quindi l’ho presentata è un mio amico di Palermo di cui non intendo fare il nome, che le ha prestato duemila euro, stabilendo un interesse di 50 euro settimanali. Io ho garantito per lei”. Per racimolare i soldi la donna rumena inizia a prostituirsi: “La accompagnavo di sera al porto e la andavo a riprendere con la macchina. Con il passare del tempo a partire più o meno da settembre ha iniziato a non pagare più i 50 euro perché spendeva per i suoi vizi, droghe e alcol, i soldi che guadagnava con la prostituzione. Lo so perché me lo ha detto questo amico che si è rivolto a me in quanto avevo garantito per lei”.

“NON VOLEVA ANDARE VIA DA CASA”

Diventa impossibile nascondere la relazione: “A settembre quando mia moglie è tornata in Italia l’ho fatta trasferire all’hotel San Paolo a Palermo pagando il costo del soggiorno. Il 13 ottobre 2015 Alessandra è venuta a casa mia con la valigia, io siccome c’era mia moglie l’ho fatta allontanare con una scusa, poi ho convinto mia moglie a uscire di casa per andare a fare la spesa, a quel punto Alessandra è tornata a casa mia dicendo di non volersene andare e che voleva rimanere lì”.

“HO PERSO LA TESTA…”


Il racconto si fa macabro: “Per questo ho perso la testa, ho preso una corda, sono un pescatore, da dietro l’ho messa intorno al suo collo facendo due giri e tirandola con forza per circa 6 minuti finché non è morta, il collo era diventato tumefatto. Dopo l’ha infilata in due sacchi da giardiniere, uno dalla parte della testa l’altro dei piedi e l’ho infilato nel bagagliaio della mia automobile, una Punto bianca, dove ho messo anche la sua borsa contenente documenti e cellulare”. Ha individuato in Monte Pellegrino il luogo per disfarsi del corpo: “Attraverso una strada interna che porta all’Addaura sono arrivato in via Monte Ercta dove di solito si recano le coppiette per appartarsi. L’ho tirata fuori dall’auto trascinandola fino a un’apertura del parapetto e l’ho fatta cadere nel dirupo”.

“LA NOTTE NON RIESCO A DORMIRE”


Torrente spiega di avere deciso “di confessare quello che ho fatto perché la notte non riesco a dormire per i sensi di colpa e sono stato convinto da un prete, don Giovanni, a cui ho raccontato quello che avevo fatto (leggi “Padre, io brucio all’inferno”). Faccio solitamente uso di stupefacenti, cocaina, che compro a Borgo Vecchio”. Dello spacciatore Torrente fa nome e cognome, così come nel corso dell’interrogatorio decide di dire anche chi è l’uomo che, dopo avere prestato i soldi alla rumena, l’avrebbe instradata nel mondo della prostituzione. Si tratterebbe di un tale “Michele dello Zen”, “una persona pericolosa” di cui Torrente dice di avere paura: “Ho ucciso Alessandra non solo perché questa voleva trasferirsi a casa mia ma perché mi minacciava di denunciarmi dicendo che io facevo il magnaccio e prendevo i soldi perché lei si prostituisce, dopo che Alessandra è morta il debito con Michele l’ho saldato io con i soldi che guadagno tramite alcune prostitute che lavorano per me”.

LA TRISTE FINE DI RUXANDRA


Ruxandra Vesco è morta così. Strangolata, infilata dentro un sacco della spazzatura e gettata giù da Monte Pellegrino. Del suo corpo di vigili del fuoco e i carabinieri hanno trovato un teschio e alcune ossa, oltre a brandelli di indumenti. Forse si tratta del fuseaux nero, o del top bianco che indossava al momento di essere uccisa da Torrente che della sua vittima ricorda non solo come era vestita ma anche la A (si faceva chiamare Alessandra) tatuata sul suo corpo e l’anello che portava al dito.

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