"Padre, io brucio all'inferno"|Così Damiano ha confessato - Live Sicilia

“Padre, io brucio all’inferno”|Così Damiano ha confessato

La confessione dell'omicidio. Così Damiano Torrente si è costituito ai carabinieri.
PALERMO, L'OMICIDIO
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PALERMO- Padre Giovanni Cassata, parroco della chiesa ‘Nostra Signora della consolazione’ di via Dei Cantieri, è un pescatore di anime, in un punto di Palermo in cui l’acqua può essere profonda e densa di rischi.

A lui, in un giorno indimenticabile per entrambi, si è rivolto Damiano Torrente, l’assassino reo confesso di una ragazza rumena, uccisa cinque anni fa. Aveva gli occhi dell’inferno quando è entrato nella canonica per domandare di un sacerdote.

Padre Cassata parla, con estrema riservatezza e senso di protezione, di quella esperienza, senza, ovviamente, rivelare il dettaglio di un colloquio coperto dal sacramento. Ecco la sua ricostruzione.

“Siamo a giugno – racconta padre Giovanni – vedo un uomo che arriva e chiede di confessarsi. Non voleva semplicemente chiacchierare, ma proprio confessarsi. Si avvicina. Ha gli occhi arrossati. Si nota uno struggimento interiore. Posso riferire solo una frase, prima che si liberasse dal suo peso: ‘Io sono all’inferno. Io sono nell’inferno più bruciante’. Damiano non desiderava soltanto scaricarsi la coscienza e procedere, intendeva riparare, offrire una penitenza, conscio del suo terribile errore. Da qui è maturata l’indicazione, la strada che lo ha portato a costituirsi”.

Nella voce di un sacerdote mite, forte e sensibile c’è soprattutto umiltà: “E’ stata una grazia del Signore. Un dono che abbiamo ricevuto. Provo profonda pena per la vittima. Provo sgomento per il crimine orrendo di cui un uomo si è macchiato. Tuttavia, ha avuto il coraggio di scegliere la via giusta, il cammino più difficile”.

Ne ha viste tante, padre Cassata. Ha visto e sa, in quella parte di città, quanto sia crudele il disagio, quanto, talvolta, sia complicato restare umani. Ma l’evento di un giorno di giugno, forse, resterà ineguagliato. “L’accaduto – insiste – è frutto di un faticosissimo travaglio, di un dolore immenso. Ecco perché mi riferisco a un dono di Dio, per la speranza e per la conversione”.

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