Scimeca racconta | la vita di Biagio Conte - Live Sicilia

Scimeca racconta | la vita di Biagio Conte

Il noto regista: ''la povertà nel nostro mondo mi affascina e stimola alla ricerca della religiosità che non è per forza cristianesimo".

 

ROMA – Nello spirito di Papa Francesco e dei suoi principi il cinema italiano prepara diversi film dedicati al tema della povertà e a storie di marginalità. Fra i primi al lavoro, il regista siciliano Pasquale Scimeca che racconterà in una pellicola, ancora senza titolo, la vita di Biagio Conte, un San Francesco dei nostri giorni. Questi ha condiviso parte della sua esistenza a Palermo con i barboni della stazione, con i disperati, mettendo poi in piedi in una vecchia caserma una città della speranza dove oggi vivono i senzatetto.

Scimeca, la cui sensibilità per il sociale è una costante, dice: ”la povertà nel nostro mondo mi affascina e stimola alla ricerca della religiosità che non è per forza cristianesimo. La nostra società ha cacciato Dio e il possesso delle cose sembra il senso del tutto”. In effetti, è da rilevare che tali temi non sono affatto nuovi nel cinema italiano. Sono stati presenti prevalentemente nel secondo dopoguerra con l’avvento del Neorealismo. Il primo film del genere si è avuto nel 1946, dopo la stagione evasiva dei ”telefoni bianchi”, con ‘Sciuscià” di Vittorio De Sica, storia di due lustrascarpe. Un film-verità sulle miserabili condizioni di vita dell’Italia del tempo. Nel 1949, la vita difficile delle mondine è stata raccontata da Giuseppe De Santis in ‘Riso Amaro’. Lo stesso si dica dei pescatori siciliani di Acitrezza ne ‘La terra trema’ di Luchino Visconti (1948), ispirato a ‘I Malavoglia’ di Giovanni Verga, vicenda in cui si rappresenta la lotta degli sfruttati contro gli sfruttatori. In ‘Due soldi di speranza’, pellicola del 1952, Renato Castellani descrive, sotto forma di commedia, il dramma della povertà in un paesino del napoletano. Ancora Vittorio De Sica, nel 1948, con ‘Ladri di biciclette’, il suo capolavoro.

Il film girato nelle strade dei quartieri popolari romani con un cast di non professionisti, narra gli aspetti spiccioli dell’arte di arrangiarsi che diviene rigida regola di sopravvivenza. Roberto Rossellini, a sua volta nel 1950, ha trattato in ‘Francesco giullare di Dio’ la vita caritatevole di San Francesco d’Assisi e dei suoi fraticelli in modo non agiografico. L’esperienza terrena attraverso l’assoluta umiltà francescana. Quindi va senz’altro ricordato il primo film di Pier Paolo Pasolini, girato nel 1961, ‘Accattone’, dramma epico-religioso, metafora di quella parte d’Italia costituita dal sottoproletariato che vive nelle periferie delle grandi città. In questo percorso a ritroso, va aggiunto ‘Gli ultimi’ di Vito Pandolfi, film che segnò nel 1962 l’incontro del saggista e documentarista Pandolfi e il sacerdote e poeta David Maria Turoldo, in cui la miseria viene rappresentata con assoluta dignità da attori presi dal mondo delle campagne friulane e dotati di grande forza espressiva.

Purtroppo il cinema neorealista non ebbe grande successo presso il pubblico italiano che riteneva gli argomenti sovente troppo crudi. Nel tornare a parlare dei progetti odierni, in prospettiva ci sono anche film ispirati ai Vangeli. Anche in questo caso, il nostro cinema annovera opere di Roberto Rossellini, realizzati con la magnificenza che gli era propria, ‘Gli atti degli Apostoli’ del 1968 e ‘Il Messia’ del 1975.


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