PALERMO – Una brutta sorpresa quella accaduta a Luca Badalamenti e a Francesco Taranto, i due giovani imprenditori palermitani che hanno visto sfiorire in poco tempo la loro attività commerciale, a distanza di pochi mesi dall’apertura. Dopo aver preso in gestione il locale ex Tinto di via XX Settembre 56, ribattezzato con il nome di Bacàn Oysteria, hanno scoperto che le attrezzature della cucina e gli arredi della società affittuaria erano sottoposti a sequestro.
Un locale per cui i due giovani imprenditori avevano investito ben 100 mila euro tra lavori di arredo, ristrutturazione e impiantistica elettrica e fognaria, nonostante il contratto prevedesse la vendita di strutture perfettamente funzionanti. Frigoriferi, pensili, tavoli, sedie, cucina quattro fuochi con forno, lavastoviglie e banco bar, tutti beni, oggetti dell’affitto, risultati essere sottoposti a sequestro ancor prima della sottoscrizione del contratto d’affitto, da parte della Riccobono spa, che ha vinto una causa di risarcimento con la Solosole srl.
Solo otto mesi di vita, pertanto, prima della chiusura del ristorante, seguita dall’intervento dell’ufficiale giudiziario che ha sequestrato gli oggetti per trasferirli in un locale prima dell’asta pubblica. Anche cinque dei loro dipendenti hanno perso il lavoro, grandi perdite anche nel servizio catering per un locale che era riuscito in poco tempo ad ottenere la fiducia della clientela.
“Dopo otto mesi di onesto lavoro – spiega Badalamenti – e dopo aver avviato un’attività di una certa rilevanza, ci ritroviamo a chiudere per danni commessi dai precedenti gestori e non procurati da noi. Non è giusto pagare per errori fatti dagli altri. Avevamo contatti importanti – aggiunge – con il comune di Palermo per il nostro servizio catering e diversi convegni importanti in programma con l’Ateneo, tutti appuntamenti mandati all’aria”.
A raccontarci quello che è accaduto sono, dunque, i protagonisti della vicenda. “Nel contratto d’affitto di ramo d’azienda – precisa ancora Badalamenti – è specificato che la parte concedente garantisce la piena libertà e disponibilità dei beni aziendali e la loro immunità da pesi, privilegi, sequestri e pignoramenti, pertanto quello che è accaduto a noi ha dell’inverosimile”.
Le cose, però, secondo i titolari, non sarebbero andate così, visto che tutti gli oggetti erano pignorati già da prima della cessione dell’attività e ancor prima che ne venissero in possesso. Ad affiancarli in questa disavventura è il loro legale, Roberto Battaglia, che ha predisposto un atto extragiudiziario.
“Aspettiamo una sentenza del giudice che ha stabilito non solo il sequestro e l’asporto, ma anche la vendita all’asta dei beni in un secondo locale – conclude Badalamenti -. I tempi della giustizia italiana sono lunghi, la vendita non avverrà prima di 70 giorni. Anche volendo riacquistare i beni all’asta, occorrerebbero 70 mila euro, e non credo sia una cosa fattibile”.
I due imprenditori si augurano di ripartire al più presto con la loro attività e pensano di spostarsi momentaneamente in un’altra sede. “Stiamo vedendo di organizzare la riapertura in un altro locale e saremo poi ben lieti di comunicarlo alla nostra clientela, che in questi giorni si è mostrata molto solidale e attenta alla nostra vicenda. Speriamo di poter dare presto una bella notizia”.