CATANIA – “La vecchia classe dirigente non ha formato le nuove generazioni alle quali manca la gavetta”. È amara la riflessione di Sonia Messina, attivista del Partito democratico catanese da anni, sin dalla nascita della nuova formazione voluta da Walter Veltroni. La Messina, che nel nuovo organico del Pd è responsabile della sezione ambiente, interviene, infatti, sul proprio partito, in risposta a quanto pubblicato sulle pagine di LiveSiciliaCatania a proposito del lungo letargo della politica (con la P maiuscola) locale.
Qual è il problema all’interno del Pd, se di problema si può parlare? Insomma, vi sentite tirati in causa a proposito di lungo sonno della politica?
Non posso dire che quanto scritto da Anthony Distefano non sia vero. È vero e mi dispiace che sia così. Il mio non è e non vuole essere un attacco al mio partito, o a pezzi del partito, affatto. Anche se oggi sembra che siamo bravi solo a polemizzare, il mio vuole essere un grido di dolore, dettato principalmente dal dispiacere.
Cosa le dispiace in particolare?
Avere impiegato il tempo e la mia passione per poter fare qualcosa di concreto e oggi che siamo al governo, non avere a disposizione gli strumenti per poterlo fare. Perché il mio partito non me li fornisce.
Qual è il problema principale? Dove bisogna intervenire con urgenza?
In questo momento di crisi a livello nazionale e a livello regionale, ci stiamo preoccupando più per le poltrone, e non mi vergogno a dirlo, che di dare seguito alle promesse che abbiamo fatto in campagna elettorale. È vero a Palermo come è vero anche a Catania.
Quindi, di fatto, la nuova generazione, i rottamatori, hanno preso il peggio dal vecchio modo di fare politica?
Quello che dovrebbero fare in questo momento le giovani generazioni, di cui faccio parte anche io, è dare risposte alla gente, riallacciarsi al territorio disgregato, intercettandone i bisogni e le speranza. Ma, per fare questo, per rispondere alle esigenze quotidiane della gente, occorre avere gli strumenti. Ci siamo dimenticati che un partito politico nasce per dare voce alle persone.
A proposito di dare voce. Ultimamente, sulla sua pagina di Faceobok, c’è stata qualche polemica per alcune sue segnalazioni relative a Librino, scatenata proprio dal Pd. Eppure sono gli stessi problemi di cui i democratici hanno parlato per anni e, di recente, in campagna elettorale. Vietato criticare?
Le voci di dissenso non sono accettate perché in questo momento facciamo parte della maggioranza. L’errore non lo commette l’amministrazione, però. A contestare chi critica sono proprio i giovani. Quello che il partito dei grandi sta insegnando ai giovanissimi è nascondere i problemi. Ma non è che se non si rendono pubblici i disagi e le richieste queste non esistono. Nello specifico, la richiesta di sicurezza avanzata dalle mamme di Librino rimane, anche se non se ne parla.
Ma i giovani, molti, sono seduti nei posti chiave. Sta dicendo che non riescono a esprimersi o, al contrario, che lo fanno con il linguaggio della vecchia politica?
Non è questo il fatto. Più che altro, si ha l’impressione che il Pd cittadino sia diventato una sorta di botteghino, dove si acquista il biglietto per poltrone più prestigiose e si sale sul carro del vincitore. Dico questo perché amo il mio partito e amo la politica con la P maiuscola: i vertici devono darci fiducia e lasciarci lavorare, occupandoci della quotidianità, vicini alle persone. Quello che il mio partito ha dimenticato, nonostante i numerosi circoli aperti, è proprio il contatto con il territorio. E l’unico modo per stare vicini alle persone è continuare a operare come se non fossimo in maggioranza, non spaventandoci a segnalare problemi. Fare politica in maggioranza non significa dire che va tutto bene. La questione è generazionale: se dobbiamo rottamare, bisogna adeguarsi anche al metodo di far politica delle nuove generazioni. La crisi in cui ci troviamo, secondo me, è dovuta proprio al fatto che molti giovani non osano.