PALERMO – Avvocati e magistrati palermitani hanno partecipato questa mattina all’assemblea di solidarietà per i colleghi di Milano, dopo la sparatoria di ieri. Il tema della sicurezza al palazzo di giustizia di Palermo è da sempre molto caro al procuratore generale Roberto Scarpinato che ha spiegato come ci sia la volontà di adottare misure ancora più incisive. “Purtroppo – ha detto – abbiamo incontrato ostacoli nel sistema istituzionale alla nostra volontà e abbiamo subito attacchi sulla stampa perché le misure già adottate ostacolavano troppo i lavori dei cronisti”. “Avevo anche chiesto – ha aggiunto – la sistemazione di telecamere nel palazzo di fronte al tribunale, ma il Comitato per l’ordine e la sicurezza mi ha informato che non è possibile, perché il condominio non ha voluto fare entrare il carabinieri”. “Purtroppo – ha proseguito – nei nostri tribunali può entrare chiunque senza essere identificato e ieri l’assassino ha compreso che poteva accedere senza controlli”. L’obiettivo del procuratore generale è quello di creare una “cittadella della giustizia” a cui si possa accedere solo previa identificazione. D’accordo l’Ordine degli avvocati. “Non è possibile – ha detto il presidente dell’Ordine forense Francesco Greco – che ogni giorno accedano migliaia di persone senza controllo dell’identità. Si può tranquillamente entrare, rubare un fascicolo e uscire senza essere identificati. Così come, ovviamente, possono succedere cose molto più gravi come i fatti di Milano. Questa situazione è intollerabile”.
“Ci dispiace non essere stati considerati ma anche noi dipendenti del palazzo di giustizia di Palermo da tempo denunciamo carenze ma anche eccessi, che subiamo ogni giorno, nel sistema di sicurezza del Tribunale”. Lo dice Anna Maria Tirreno, rappresentante della segreteria Fp Cgil di Palermo, cancelliere dell’ufficio del giudice di pace, a proposito dell’assemblea di magistrati e avvocati in corso sul problema della sicurezza al palazzo di giustizia, dopo i fatti di Milano. In particolare, i dipendenti, che sono duemila tra impiegati, cancellieri operatori, assistenti giudiziari e commessi, chiedono di conoscere i potenziali effetti a lungo termine dell’esposizione ai metal detector dell’ingresso.
“Si tratta di un’esposizione quotidiana continua e non sappiamo quanto questo sia collegabile a casi di tumore che stiamo riscontrando tra il personale – ha spiegato – C’è anche il problema della salute che non va sottovalutato”. Ma c’è anche, secondo i dipendenti, una “mancanza di adeguati controlli in diversi luoghi di lavoro”. “Tutto si concentra all’ingresso. Non c’è una rete di controllo ulteriore – aggiunge Anna Maria Tirreno – Forse nei corridoi e negli spazi comuni si può pensare di migliorare la sicurezza introducendo filtri ulteriori”.