CATANIA – È di diritto uno degli esempi dell’Italia migliore. Il Time e l’ormai ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ne sono certi. Fabrizio Pulvirenti, medico catanese, che ha contratto il virus Ebola in Sierra Leone mentre da volontario fronteggiava un’epidemia devastante per tutto il continente africano, sta bene e a LiveSicilia racconta l’ansia di quei giorni. Intanto per lui è pronta la Candelora d’Oro 2015. La riceverà il primo di febbraio dalle mani del sindaco Enzo Bianco.“Tutti questi riconoscimenti – spiega – sono molto gratificanti, sebbene implichino l’assunzione di grandi responsabilità. Ritengo che essi abbiano un grande valore soprattutto in termini di sensibilizzazione dell’opinione pubblica in merito allo sterminato tema della solidarietà verso i Paesi più poveri del mondo”.
Che vuole dire?
“Non bastano, di certo, le operazioni di accoglienza dei migranti che raggiungono le nostre coste; determinante è l’intervento, prima di tutto in ambito sanitario, laddove le popolazioni soffrono per la carenza di servizi essenziali”.
Veniamo alla sua vicenda. Lei è un medico e conosce gli effetti del virus. Ha mai avuto paura del decorso della malattia?
“Naturalmente, non provare paura nel momento in cui viene comunicata la diagnosi di una condizione letale sarebbe non atto di coraggio ma di incoscienza. Quando mi è stato confermato ciò che avevo sospettato dall’analisi dei sintomi che ho manifestato, c’è stato un momento di concreta paura: lì per lì ho pensato di restare in Africa, in Sierra Leone, per affrontare la malattia al pari dei pazienti che ho contribuito a curare”.
E il rientro in Italia?
“Poi ho analizzato le possibili evoluzioni e ho deciso di essere rimpatriato perché, in caso di esito infausto, i miei familiari avrebbero avuto non pochi disagi”.
Anche qui però ha rischiato, giusto?
“Sicuramente. Un altro momento di paura l’ho avuto quando, ricoverato allo Spallanzani, sono stato sottoposto alla trasfusione di plasma da convalescente e ho manifestato una reazione trasfusionale con broncospasmo e difficoltà respiratoria: il senso di soffocamento, la fame d’aria sono stati davvero momenti drammatici”.
E ora che è guarito?
“Nulla torna esattamente come prima. Certamente adesso, anche se non so esattamente per quanto tempo, sono “immune”. Ma i postumi della malattia, soprattutto in termini di debilitazione che dura ormai da parecchie settimane a causa dell’ipotonia muscolare, sono terribili”.
Si ritiene fortunato?
“Credo sia importante non lasciarsi sedurre da un delirio di immortalità per aver superato un evento grave quale è stato il mio. Insomma, bisogna continuare a considerarsi una persona normale, se è lecito come termine”.
Insomma, la solidarietà esiste ancora. Lei ne è l’esempio. O è una valutazione troppo generosa?
“La solidarietà verso chi è più debole dovrebbe essere il sentire normale di chi è in condizioni più vantaggiose. Purtroppo le società occidentali sono cambiate, in peggio, e l’individualismo, la corsa al raggiungimento del bene personale, è l’obiettivo degli occidentali”.
E lei in cosa crede?
“Sono molto legato alla figura del cavaliere che mette a disposizione della collettività se stesso con spirito di servizio. Non so se i miei studi abbiano o meno influito sulle mie scelte. Penso di essere stato animato proprio da quello spirito di servizio, con atteggiamento laico avulso da coinvolgimenti religiosi. Non credo nel martire, credo nell’Uomo. E l’Uomo ha enormi potenzialità”.
Teme che la Sicilia, tra sbarchi e lo spauracchio dell’Ebola, abbia rischiato davvero qualcosa in questi mesi?
“Non credo proprio. Ebola, come ho tante volte sostenuto, è un mostro terribile e temibile ed è normale avere paura di una epidemia; è umano. Ciò che diventa becero è la strumentalizzazione della paura, sia in termini di negazione che di enfatizzazione, a fini politici e, peggio ancora, di consenso elettorale”.
A chi si riferisce?
“Diciamo che conosco la malattia da medico e da paziente. E posso assicurarle che è una condizione fortemente e drammaticamente debilitante. Sostenere che Ebola possa raggiungere le coste siciliane coi flussi migratori è sciocco e manifesto di profonda incompetenza. I cosiddetti viaggi della speranza durano parecchie settimane e una persona ammalata o contagiata da Ebola non potrebbe affrontare un viaggio non solo lungo ma anche difficoltoso”.
Rischio zero, allora?
“È davvero più facile che Ebola raggiunga l’Occidente in business class piuttosto che coi flussi migratori”.
E sulla liberazione di Greta e Vanessa?
“Non conosco nel dettaglio la loro vicenda, ma penso che sia diversa dalla mia, giacché loro hanno operato in un teatro di guerra. Peraltro, per quello che mi è dato sapere, sostenendo soltanto una delle parti in conflitto. Mentre io sono stato a prestare il mio contributo in una terra flagellata da una epidemia”.
Allora una differenza c’è?
“Al di là di questo, ed è ciò che nella mia valutazione rende Emergency diversa da tutte le altre Ong, ritengo sia giusto portare il proprio aiuto, soprattutto in termini di aiuto sanitario, superando la faziosità delle parti. Sostenere in qualsiasi modo una delle fazioni equivale a prenderne le parti”.
È per caso una tirata d’orecchie?
“Guardi, meritano un discorso a parte le polemiche relative alla vicenda delle due ragazze: anche qui la strumentalizzazione dei fatti diventa inelegante al pari della strumentalizzazione della paura”.
Errare è umano perseverare…..
Il dottore dopo che ha fatto spendere cifre molto alte per le sue cure forse era meglio che si risparmiava questa frase dove dice che
Vuole ritornarci . E poi perché non fa un po’ di volontariato anche nella sua città af esempio ai tanti vecchietti che non possono pagarsi le visite o alle tante famiglie bisognose o agli extracomunitari che ogni giorno sbarcano a centinaia nella nostra regione .
Un siciliano che merita rispetto e riscatta la vergogna che viviamo!
Grande prova di forza e coraggio dimostrata dal medico…che non è un eroe, ma un medico che fa il suo lavoro con passione e devozione…e non x prestigio o denaro..cosa che ogni medico dovrebbe avere per essere chiamato tale.
Tanto se si riammala, sa che ci mobilitiamo per andarlo a recuperare e curarlo, rischiando persino di portare una malattia così atroce in Italia!
C’è un limite a tutto, anche al volontariato!!!
Xman,Marco,Luigi: Siamo ancora cosi tanto poveri, che non trovo le parole per darvi conforto.Ma siete veramente Palermitani?Io conosco Siciliani che a sprezzo del pericolo; e il dott. Pulvirenti é un esempio, la nostra povertà non ci fa vedere il bene fatto; dal medico di emergency. per quelli meno fortunati di noi!che si chiamano: Africani,neri sub Saariani.
Questi medici ,da me definiti Angeli,la nostra società, cosi tanto bistrattata;ci da ancora le medicine, gli ospedali, i piu’ grandi nomi della chirurgia, gratuiti. Per chi ha bisogno,
cosa che non avranno mai, quei bambini che non hanno nessuna colpa di essere nati.
questo per quelli piu’ piccoli, ma forse voi non lo sapete, che questo male é piu’ grave dell’AIDS. Ma credo che voi avete altre idee, su questa tragedia che non sta colpendo:L’occidente ma vorrei sapere quanto vi stia costando,in termini materiali.E cosa siete disposti a fare se velo chiedessero.L’orgoglio Italiano: Tanto buttato sotto i tacchi, sono stati capaci di salvare un ammalato senza speranze, gli Americani non ci sono riusciti.Vi pare poco? Per me é una cosa immensa, per la nostra medicina, e i suoi medici.
x v ittorio. Nel nostro paese sono centinaia di migliaia le persone che necessitano di tutto, famiglie intere ridotte quasi alla fame perché si è perso il lavoro o perché non si è mai avuto. Quando va bene assistiamo a lunghe code davanti alla caritas od altre organizzazioni umanitarie per ottenere un pasto o un letto quando va male si rovista nei cassonetti e si dorme nelle stazioni o in auto . Migliaia di nuovi poveri disperati e disposti a tutto pur di sbarcare il lunario, si umiliano si mortificano pur di garantire un minimo di sopravvivenza a loro e alle loro famiglie. Questi nostri connazionali questi esseri umani cosa hanno di diverso da quelli di cui si occupa il Dott.Pulvirenti o le cooperanti rapite Greta e Vanessa? e si vuol fare del bene se si vuole essere caritatevoli e di aiuto ai più poveri ai più deboli ai più infermi in Italia non vi è che l’imbarazzo della scelta. Ma certamente così non si finisce sui giornali e in tv ed allora si va all’estero ad aiutare altri popoli lasciando al loro destino il vicino di casa. Il bene quello vero quello autentico non ha bisogno di pubblicità ne di annunci, si può essere “buon samaritano” ogni giorno nella propria città nel proprio paese nel proprio quartiere si può offrire un aiuto morale ma anche materiale una assistenza anche medica acquistando generi alimentari di prima necessità ma anche medicine vestiario si può fare una colletta per contribuire al pagamento dell’affitto o delle bollette o di quanto necessitano i più piccoli se si vuole si possono fare moltissime cose sia da soli o unendosi ad associazioni che si occupano proprio di questo e ed è quello che faccio io nei limiti delle mie possibilità senza per questo finire in tv.