Imprenditori 'finanziano' il clan: i lingotti della mafia - Live Sicilia

Imprenditori ‘finanziano’ il clan: i lingotti della mafia

In manette boss e imprenditori.
Blitz Sotto Scacco
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2 min di lettura

CATANIA – La mafia diventa sempre più grigia. Paternò, centro militare di Cosa nostra fino a qualche anno fa, sarebbe diventato il punto di snodo di ‘finanziamento’ e ‘riciclaggio’. Il gioielliere Angelo Nicotra avrebbe permesso di ‘lavare’ i fondi neri di Vito Amantea (figlio dell’uomo d’onore Franco) e Pietro Puglisi (del gruppo Assinnata, ndr) con l’acquisto – non rendicontato – di preziosi e lingotti d’oro. Tra gli imprenditori ‘collusi’ anche Enrico Corsaro e Salvatore Tortomasi. Quest’ultimo, operante nel settore dell’ortofrutta e accusato di concorso esterno, avrebbe “versato somme di denaro al clan come percentuale degli utili delle sue attività”. In cambio avrebbe ottenuto protezione nei confronti di creditori e altri clan.

Ma non è finita, perché i boss avrebbero provato anche a raggirare le normative sui finanziamenti Inps. E ci sarebbero riusciti. Vito Amantea e Giuseppe Beato sarebbero stati i leader criminali di un sistema che sarebbero riuscito a truffare l’istituto di previdenza al fine di ottenere indebitamente l’indennità di disoccupazione agricola a falsi braccianti agricoli compiacenti. I soldi pubblici, dunque, sarebbero andati a finire nelle casse del clan. Oltre che in quelle dei falsi braccianti.

Non solo ‘crimine grigio’, ma anche i tradizionali metodi. I clan alimentavano le estorsioni e il traffico di droga con l’organizzazione militare delle piazze. Inoltre “è stata documentata anche la progettualità di far arrivare ingenti carichi di cocaina dall’Ecuador occultata in container contenenti banane”.

Ricostruita grazie all’inchiesta Sotto Scacco, coordinata dai pm Andrea Bonomo e Giuseppe Sturiale, l’organigramma dei clan di Paternò e Belpasso. Le indagini hanno preso avvio nell’ottobre 2017  dopo le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Mirko e Gianluca Presti, Orazio Farina e Giuseppe Caliò. sono loro i primi a riferire che  l’ergastolano Santo Alleruzzo “a vipera”, cugino del capomafia defunto, approfittando dei permessi premio tornava a Paternò per partecipare a veri e propri summit in cui avrebbe dato precise direttive al clan. Le telecamere dei carabinieri hanno immortalato gli incontri. Quelle immagini sono tra i più precisi riscontri. E inoltre dalle intercettazioni è emerso che il clan di Paternò alleato ai  “Santapaola-Ercolano”, aè composto da tre anime: Alleruzzo, Assinnata e Amantea. Il primo sarebbe stato guidato dall’ergastolano (condannato per l’omicidio di Rosario Morici commesso il 19 giugno 1982), il secondo da Mimmo Assinata Senior e Pietro Puglisi, il terzo da Vito Amanta e Pippo Beato. Infine il gruppo di Belpasso, sare gestito da Barbaro Stimoli e Daniele Licciardello. 


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