CATANIA – C’è chi proviene dal Brasile, dalla Nuova Zelanda, chi dalla Colombia, c’è un’indiana, una cinese e una bulgara. I ragazzi hanno poco più di vent’anni e sono i 9 stagisti volontari del progetto AIESEC “Help to Help” che sei mesi fa hanno deciso di aiutare proprio Catania. Studiano scienze politiche, odontoiatria, molti sono impegnati nello studio del marketing, insomma semplici ragazzi col cuore d’oro.
“Aiutare ad aiutare!” Non è soltanto una traduzione letterale del nome del loro progetto, piuttosto si tratta della vera anima dell’iniziativa. “Dalle parti del mondo più disparate, gli studenti hanno accettato la sfida – spiega al nostro quotidiano Federica Bellassai Team Leader del progetto – Lo spirito è sicuramente quello di dare una possibilità. Una? No, forse anche due!”.
Di cosa si tratta. “Help to Help” è un progetto internazionale che riesce a far comunicare la realtà di uno studente straniero con la struttura di un’associazione di volontariato. Le organizzazioni non governative accolgono nel loro staff i ragazzi, lavorando insieme. In un’ondata di multiculturalismo inimmaginabile.
A Catania 9 gli stagisti stranieri volontari. “Ognuno di loro può essere paragonato a qualsiasi nostro studente italiano impegnato nella costruzione del proprio futuro, ed “Help to Help” per loro è un altro mattone volto alla costruzione del loro domani – prosegue Bellassai – Hanno tutti dei curriculum eccezionali: attività di volontariato, hobbies, passioni, esperienze nelle proprie città”.
Per molti di questi giovani la sfida più che dal progetto era rappresentata proprio dal nostro Paese. Come il caso di Gabriel, brasiliano che così spiega: “ero incuriosito dalle origini di mia nonna, italiana, volevo buttarmi in un’esperienza di viaggio completamente da solo, contando solo su me stesso e così ho fatto!”
Ma perché proprio Catania? Lilya ha risposto: ”Because of several factors first of all – people. I expected to meet some open-minded, big-hearted, cheerful Italians (and my expectations were met to the absolute fullest extent). Also I find Sicilian nature pretty exotic and wanted to see the impressive Etna. In addition the project sounded really meaningful and fulfilling. And last but not least important, I`ve visited Italy before and had the urge to experience and learn more about it”. Come lei, molti altri ragazzi. Insomma: a sentire gli stagisti: la calorosità sicula insieme alle bellezze dei nostri territori sono stati in vetta alla classifica dei buoni motivi per cui scegliere Catania. I più ghiotti poi non hanno avuto dubbi “Nive, Andrea e Isabel le – raccontano gli organizzatori – erano elettrizzate all’idea di vedere ciò che avevano solo potuto immaginare dai film o dalla tv, curiosità assoluta per la nostra cucina in primis! Ma la storia che contraddistingue l’italia ha giocato la sua parte. Molti dei giovani impegnati nel progetto conoscono le origini italiane dai libri e questo li ha spinti a venire a vedere con i loro occhi.
E la Mafia? “Inutile nascondere che il dramma della criminalità era vivo in loro nella fase precedente al loro arrivo. Preoccupazioni, ansie, domande e interviste dei genitori che mi chiedevano se i loro figli fossero al sicuro – spiega Federica Bellassai – Fortunatamente, li sento dopo sei settimane e mi ringraziano per averli convinti a lasciar venire i loro figli!”
Ma in cosa consiste il volontariato? Servizi accoglienza, centro di ascolto, distribuzione vestiti, centro per il lavoro, ufficio legale, ambulatorio medico, doposcuola, distribuzione mobili e alimenti. “Le attività del gruppo in questi anni hanno essenzialmente riguardato 3 aree: una diretta al lavoro con i minori, una diretta alle famiglie e il quartiere in generale, una diretta alle relazioni con istituzioni e associazioni del territorio e non – prosegue la Team Leader del progetto – E’ evidente che le tre aree sono state e sono molto intrecciate tra loro. Una delle nostre “basi” si trova nel quartiere di San Cristoforo e ci ha permesso di integrare i ragazzi in tutte le attività: dalla palestra il pomeriggio, ai laboratori di riciclaggio, inoltre, i ragazzi si sono mostrati molto interessati ad organizzare qualche piccola lezione di inglese per i bambini”.
E Catania, come ha risposto? “Non abbiamo certo potuto cambiare le situazioni personali – continua nell’intervista Federica Bellassai – ma abbiamo sicuramente ampliato gli orizzonti non considerando più Brasile, Bulgaria, Cina o Singapore come lontani angoli del mondo. Paradossalmente, le lingue differenti non hanno determinato difficoltà nelle relazioni: con l’istinto a comunicare con gesti, ci si è intesi subito anche non parlando italiano o inglese” .
Come in ogni esperienza interculturale sono immancabili gli aneddoti divertenti. Ce ne raccontate qualcuna?
“Quello che n’è venuto fuori è stato un diario di esperienze indimenticabili e comiche – conclude la responsabile con un sorriso che sa di malinconia – come Nive, ed il suo amore incondizionato per tutto ciò che è piccante! Durante le nostre cultural night eravamo sempre tutti in allerta per ciò che potesse preparare la nostra simpaticissima indiana. Per non parlare di quando ho dovuto cercare le scarpe dei miei stagisti durante la loro permanenza a casa mia, e ho trovato il mio cane in giardino che correva con le scarpe in bocca, perché ovviamente in Cina le scarpe si lasciano fuori! Non ci sono parole, lingue o culture diverse che possano bloccare il flusso delle emozioni o dei sentimenti. Se solo ci rendessimo conto che la diversità è un punto di partenza da cui crescere e non un ostacolo da aggirare, riusciremmo a costruire una società meravigliosa!”