PALERMO – Fu l’alta velocità oppure la mancanza dei dispositivi di sicurezza a provocare la morte di Domenico Lucchese?
Era la notte del 12 dicembre 2010. Lucchese, 26 anni, perse il controllo della sua Honda mentre percorreva la carreggiata laterale di viale Regione siciliana, in direzione Trapani, all’altezza di via Albiri. Zona Oreto. Secondo il pubblico ministero, che ha proposto l’archiviazione dell’indagine per omicidio colposo a carico di ignoti, non ci sono elementi per individuare eventuali responsabili. Di parere opposto i genitori e la sorella vittima, assistiti dall’avvocato Maurizio Di Marco. Il giudice per le indagini preliminari Ettorina Contino ha accolto l’opposizione del legale, fissando in centoventi giorni il nuovo termine entro il quale dovranno essere svolti “gli accertamenti tecnici al fine di ricostruire la dinamica del sinistro, con particolare riguardo alla velocità tenuta dalla vittima, nonché al fine di verificare se nel luogo dell’incidente fossero presenti all’epoca dei fatti i presidi di sicurezza e la segnaletica stradale adeguati alle caratteristiche del tratto di strada in questione”.
Quest’ultimo è uno dei punti chiave delle indagini. Il 21 dicembre 2010, e cioè nove giorni dopo la morte di Lucchese, il Comune piazzò due rallentatori di velocità sull’asfalto. Perché, chiede l’avvocato Di Marco, non è stato fatto prima visto che il campanello d’allarme avrebbe dovuto suonare già nel 2009. In quell’anno e nello stesso luogo, sostiene il legale, era morto un altro giovane motociclista. Non a caso, alcuni residenti della zona avevano invocato la messa in sicurezza del tratto di strada.
Ci fu negligenza da parte dei dirigenti dell’amministrazione comunale responsabili della sicurezza oppure la morte di Lucchese è stata una tragica fatalità? O, ancora, a tradirlo fu l’alta velocità? I pm hanno centoventi giorni di tempo per cercare le risposte.