PALERMO – E sono quattro. Il presidente della sezione Gip del Tribunale di Catania respinge la richiesta di archiviazione e ordina al pubblico ministero di indagare per altri centoventi giorni. Prosegue, dunque, l’inchiesta a carico del presidente dell’Antitrust Giovanni Pitruzzella e di altre tre persone. Esce dall’indagine, invece, il professore Giuseppe Barone. L’archiviazione della sua posizione è strettamente connessa all’invito ad andare avanti nel caso, oltre che di Pitruzzella, anche di Giuseppe Di Gesù, Giuseppe Petralia e Carlo Comandè. Il 15 gennaio scorso, la Procura aveva chiesto di chiudere il caso perché riteneva che non ci fossero gli elementi per mandarli sotto processo. Il loro operato era stato considerato corretto. Di avviso opposto il gip Nunzio Sarpietro.
Al centro dell’indagine un’ipotesi di corruzione in atti giudiziari nell’ambito di un lodo arbitrale tra l’Università del capoluogo etneo e la Kore di Enna. L’Ateneo di Catania sosteneva di vantare un credito di 25 milioni di euro e fece ricorso a un lodo arbitrale: il collegio deliberò un risarcimento simbolico di 100 mila euro. A votare a favore furono Pitruzzella, arbitro scelto dalla Kore, il presidente del collegio, l’allora avvocato dello Stato Giuseppe Di Gesu, il terzo arbitro scelto dall’Università di Catania, Giuseppe Barone. Qualche tempo dopo alla Procura di Catania arrivò un esposto anonimo nel quale si segnalava che la Kore aveva dato alla figlia di Di Gesù un importante incarico come docente. Nell’inchiesta furono coinvolti anche l’allora presidente del Consorzio ennese Petralia e l’avvocato Comandè che nel lodo arbitrale rappresentava la Kore. La notizia dell’indagine fu rilanciata dalla stampa a fine novembre scorso, nei giorni in cui Pitruzzella era candidato a ricoprire un posto di giudice della Corte costituzionale. Corsa dalla quale Pitruzzella si ritirò. A metà gennaio arrivò la quarta richiesta di archiviazione da parte del pm Valentina Grosso a cui si erano associati i legali di Pitruzzella (avvocati Nino Caleca e Paola Severino), e di Comandè (avvocati Marcello Montalbano e Angelo Mangione”. Se il pm aveva motivato le precedenti richieste parlando di “materiale probatorio lacunoso e non integrabile in quanto, stante il tempo trascorso, eventuali ulteriori indagini non sarebbero proficue”, il mese scorso, invece, al termine del nuovo giro di indagini, veniva sottolineata la correttezza del lodo.
Le cose non stanno così per il giudice Sarpietro che innanzitutto ha archiviato la posizione di Barone, sottolineando che l’unanimità della decisione del collegio sul lodo fu solo “formale, ma nella realtà non sussisteva”, visto che Barone “espresse ben due rilevanti riserve, che se fossero state accolte, avrebbero determinato un risultato nel lodo completamente diverso, con il probabile riconoscimento di diversi milioni di euro all’Università di Catania”. Ecco perché Barone esce dall’inchiesta. Sarpietro ha dettato la linea delle nuove indagini convinto, così si legge, che “per quanto attiene alla posizione degli altri indagati la vicenda sia connotata da diverse anomalie che debbono essere chiarite”. Parla di “circostanze pochi chiare, foriere di dubbi in merito al regolare svolgimento del lodo”, fa riferimento “a possibili, o probabili interferenze circa l’esito dello stesso a favore di una parte, piuttosto che di un’altra.
“Il giudice non ha accolto la richiesta di archiviazione ma non ha neanche disposto l’imputazione coatta – spiega l’avvocato Nino Caleca che assiste Pitruzzella assieme a Paola Severino -. Ha chiesto al pm di svolgere ulteriori indagini che riguardano marginalmente anche il professore Pitruzzella. Offriremo alla Procura della Repubblica ogni contributo affinché i fatti vengano compiutamente accertati e risulti dimostrata l’assoluta estraneità del professore Pitruzzella”.