Undici condanne per oltre un secolo di carcere. È questa la richiesta avanzata dal sostituto procuratore della Dda di Palermo, Claudio Camilleri, nell’ambito del processo scaturito dalla maxi inchiesta “Assedio-Halycon” che avrebbe svelato intrecci pericolose tra mafia, politica, imprenditoria e massoneria a Licata.
L’inchiesta e le richieste
L’operazione, eseguita nell’estate 2019 dai carabinieri del Ros e della Compagnia di Licata, ha portato in carcere una ventina di persone tra presunti boss, gregari, professionisti, un funzionario della Regione Siciliana e un consigliere comunale. Venti anni di carcere e dieci mila euro di ammenda sono stati richiesti nei confronti di Angelo Occhipinti, ritenuto il boss della famiglia mafiosa di Licata; 10 anni, invece, sono stati proposti per Lucio Lutri, funzionario del dipartimento regionale all’Energia e gran maestro di una loggia massonica, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Richieste di condanne pesanti sono state avanzate anche per gli altri imputati del processo che si sta celebrando col rito abbreviato davanti il gup del Tribunale di Palermo, Claudia Rosini: 12 anni per Vito Lauria, anche lui massone e figlio del boss Giovanni Lauria; 16 anni per Giovanni Mugnos e Raimondo Semprevivo; 12 anni per Giuseppe Puleri e Giacomo Casa; 10 anni e 8 mesi sono stati chiesti per Giuseppe Galanti; proposti 10 anni di carcere per il farmacista Angelo Lauria e Angelo Graci. Per Marco Massaro, imputato di favoreggiamento, la pubblica accusa ha chiesto 3 anni. Contestualmente è in corso il processo con rito ordinario, davanti i giudici della prima sezione penale del Tribunale di Agrigento, a carico di altre nove persone: si tratta di Giovanni “il professore” Lauria, 80 anni, ritenuto elemento apicale del clan licatese; Angelo Bellavia, 66 anni; Antonino Cusumano, 44 anni; Antonino Massaro, 62 anni; Marco Massaro, 36 anni; Alberto Riccobene, 48 anni; Salvatore Patriarca, 42 anni; Gabriele Spiteri, 47 anni, e Vincenzo Spiteri, 53 anni.
Una posizione stralciata
Stralciata, invece, la posizione dell’ex consigliere comunale di Licata Giuseppe Scozzari, finito sotto inchiesta con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. La mancata costituzione di parte civile del Comune di Licata nel processo era stata al centro di alcune polemiche dopo la denuncia dell’associazione “A Testa Alta” che aveva definito la scelta “uno schiaffo al territorio”. Il collegio delle difese è composto, tra gli altri, dagli avvocati Angela Porcello, Giovanni Castronovo, Santo Lucia, Giuseppe Martorana, Angelo Balsamo, Lillo Fiorello, Giuseppe Di Peri, Giuseppe Rapisarda.