L'incidente e la morte di Tania| "È stata una tragica fatalità" - Live Sicilia

L’incidente e la morte di Tania| “È stata una tragica fatalità”

Tania Valguarnera

Arringa dei difensori degli avvocati del panettiere imputato per omicidio colposo.

Pietro Sclafani

PALERMO – Una tragica fatalità. La vita di una giovane donna spezzata a soli 29 anni. Un dolore eterno che merita rispetto, ma non per questo, secondo la difesa, si può condannare l’imputato per omicidio colposo. È un’arringa appassionata, ma misurata quella dei legali di Pietro Sclafani, gli avvocati Ninni Reina e Marco Lo Giudice.

Il 17 ottobre 2015 Sclafani, di professione panettiere, travolse alla guida di un furgoncino Tania Valguarnera. Stava attraversando via Libertà sulle strisce pedonali per andare a lavorare. Il pubblico ministero Renza Cescon ha chiesto al giudice Daniela Vascellaro di condannare Sclafani a quattro anni di carcere.

Era una domenica mattina e, sottolineano i legali, “proprio in coincidenza con il sinistro era imperversato su Palermo un temporale con nubifragio”. La difesa cita le rilevazioni della stazione meteo che registrarono “dati pluviometrici eccezionali perché macroscopicamente superiori alla media e mai ripetuti nel corso dell’anno”.

Pioveva e la visibilità era scarsa. Una tesi che cozza con le conclusioni del consulente dell’accusa. Conclusioni che, però, secondo i legali, partirebbero da un’errata base di valutazione. È stata presa come riferimento l’immagine di una telecamera di videosorveglianza. Se nitida era l’immagine registrata dall’occhio elettronico, allora nitida doveva essere la visuale di Sclafani. Il legale contesta la ricostruzione: “Quando si partecipa in prima persona a una manifestazione sportiva (si pensi a una partita di calcio o a una gara automobilistica) la visibilità dagli spalti è, in determinate condizioni meteo (si pensi in condizioni di forte pioggia), fortemente ridotta. Tuttavia chi guarda la stessa manifestazione comodamente da casa riesce a vedere senza difficoltà tutti i dettagli semplicemente perché le videocamere hanno una sensibilità alla luce nettamente superiore”.

Ed ancora: “Le strisce pedonali non erano percettibili in ragione del loro stato di totale degrado. Esse cerano in condizioni di totale abrasione e impercettibili all’occhio umano, specie in condizioni di scarsa illuminazione e forte pioggia e non erano segnalate dalla cartellonistica verticale”. Neppure la velocità può essere definita eccessiva visto che “anche secondo l’accusa si attesterebbe tra i 42 e i 47 chilometri orari”.

All’imputato si contesta pure la distrazione. “La reazione frenante per quanto avvenuta all’ultimo istante dimostra – spiegano i legali – che l’imputato era attento a guardare la strada e non stesse facendo altro al momento del sinistro, semplicemente egli non aveva visto la pedone attraversare la strada in ragione delle condizioni di luce di luogo dovute al contesto climatico e locale: egli non aveva riconosciuto l’attraversamento pedonale del tutto cancellato e non segnalato, non aveva percepito il pedone che attraversava in ragione dell’ombrello del medesimo colore dell’asfalto, e aveva posto in essere una reazione per quanto inutile”.

Così come non sarebbe vero che Sclafani fuggì senza soccorrere Tania. Secondo i legali, l’uomo si era fermato e dopo avere constato il decesso della donna e la presenza dei soccorsi, si era allontanato non per scappare, ma per recarsi egli stesso in ospedale. Bisogna considerare lo stato di choc di Sclafani. Per tutte queste ragioni, secondo la difesa, l’imputato va assolto. Nei prossimi giorni la sentenza.


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