Indagini su imprenditore antiracket | No alla sorveglianza speciale - Live Sicilia

Indagini su imprenditore antiracket | No alla sorveglianza speciale

Il Palazzo di giustizia di Palermo

La sezione misure di prevenzione del Tribunale di Palermo boccia la proposta della Procura. Per Franco Diesi non scatta il provvedimento che avrebbe messo a rischio il patrimonio dell'imprenditore originario di Corleone.

PALERMO – Non è socialmente pericoloso. O almeno l’accusa non è riuscita a provarlo. La sezione misure di prevenzione del Tribunale di Palermo boccia la proposta della Procura. Per Franco Diesi non scatta la sorveglianza speciale. Un provvedimento che avrebbe messo a rischio il patrimonio dell’imprenditore originario di Corleone. Secondo il collegio presieduto da Silvana Saguto, la proposta dei pubblici ministeri è generica visto che “non viene specificato se la pericolosità di Diesi debba essere valutata alla stregua delle categorie di pericolosità semplice o quale indiziato di appartenere ad associazione mafiosa”.

Per sostenere l’accusa i pubblici ministeri avevano ricordato il patteggiamento di Diesi per detenzione illegale di armi e i “legami con soggetti inseriti in Cosa nostra e la sua partecipazione al sistema di spartizione degli appalti pubblici gestiti dal comune di Roccamena, controllato dalla locale famiglia mafiosa”. Quest’ultima ipotesi era già costata a Diesi un processo per mafia. In primo grado era stato condannato, ma in appello arrivò l’assoluzione poi divenuta definitiva. C’è di più, perché le dichiarazioni dell’imprenditore – come ricorda Fabio Licata, giudice estensore del decreto che ha respinto la sorveglianza speciale – “hanno contribuito a rafforzare il corredo probatorio a carico dei coimputati, tra cui il capo della famiglia mafiosa di Roccamena, Bartolomeo Cascio”. Il collegio aggiunge che due ufficiali dei carabinieri e il pubblico ministero Francesco Del Bene riconobbero a Diesi il merito di avere convinto diversi imprenditori “a collaborare con le forze dell’ordine e l’autorità giudiziaria”. Nel decreto i giudici delle Misure di prevenzione definiscono inoltre plausibile la tesi difensiva secondo cui, Diesi, nel 2013, aveva deciso di armarsi alla luce dei danneggiamenti e delle minacce subite dopo la decisione di collaborare con la giustizia.

La proposta per il costruttore di Corleone giunge ad un epilogo diverso da quella subita dagli imprenditori Virga, originari di Marineo, a cui nei mesi scorsi la stessa sezione per le Misure di prevenzione ha sequestrato un patrimonio che vale un miliardo e seicento milioni di euro. Carmelo Virga, considerato l’uomo forte della famiglia, sulla base delle indagini della Direzione investigativa antimafia, avrebbe organizzato un piano per spogliarsi di tutti i beni, affidandoli ad una rete di prestanome. Un piano che prevedeva anche una fittizia collaborazione con la giustizia. In parte i Virga ci sarebbero riusciti, ottenendo il beneficio del congelamento, per un anno, dei debiti nei confronti dell’erario. Non si hanno notizie, invece, sulla domanda di accesso al fondo statale per le vittime del racket: i Virga avevano chiesto un milione e mezzo di euro. Il congelamento dei debiti è arrivato due anni fa con il via libera della Procura. Procura che aveva archiviato l’indagine sui per intestazione fittizia dei beni.

Per costruirsi un’immagine di rispettabilità, sfruttando l’etichetta dell’antimafia, secondo gli inquirenti, Virga avrebbe chiesto consigli a Franco Diesi. Carmelo spiegava al fratello Vincenzo di avere confidato a Franco Diesi le sue difficoltà a risolvere la faccenda: “legalmente non ci arrivo, gli ho detto politicamente peggio, ed ancora non ho trovato la strada”. Fino a quando non decise di rivolgersi ad un’associazione antiracket, proprio come fecero i Diesi. “Franco Diesi, per motivi di lavoro – l’avvocato Roberto D’Agostino lo spiegava in una nota inviata a Livesicilia – conosceva da molti anni i signori Virga e si è limitato, nell’anno 2008, a presentargli il presidente dell’associazione Libero Futuro. Nessun suggerimento teso a strumentalizzare l’associazione è stato mai dato dal Diesi che ha presentato all’associazione antiracket tanti altri imprenditori che hanno denunciato il pizzo e volevano intraprendere un percorso di legalità”.

 


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