PALERMO – Ferito, braccato e infine ammazzato. Cinque colpi di pistola. Quello di grazia sparato alla testa. Gli investigatori ricostruiscono gli ultimi istanti di vita di Baldassare Licari partendo dalle tracce di sangue lasciate dalla vittima nel tragitto dalla stanza in cui è stato aggredito alla macchina dove è stato freddato. E c’è anche un sospettato. Una persona che vive in paese. Al momento ha fornito un alibi che regge.
Il dato certo è che intorno alle 17 di lunedì l’autista di un furgone chiama il 113 per segnalare la presenza di un cadavere dentro una Fiat Seicento parcheggiata lungo la strada che collega Montelepre a Partinico. Quell’uomo era Licari, 64 anni, cantoniere della Provincia in pensione da pochi mesi. Era stato raggiunto da diversi colpi di pistola di piccolo calibro. Eppure, prima anomalia, dei bossoli finora non c’è traccia. Gli accertamenti della polizia scientifica si sono spostati nella vicina casa di campagna della vittima. È qui che la dinamica di quanto accaduto si è fatta più chiara. Sul tavolo c’erano tre tazzine di caffè. La vittima, dunque, ha aperto la porta a due persone che conosceva. Non si fidava di loro, però, visto che aveva portato con sè un grosso paio di forbici. Che ha pure cercato di utilizzare. Ci sono i segnali di una colluttazione. Testimoniata anche dal barattolo di zucchero in frantumi sul pavimento.
Licari è stato colpito la prima volta dentro casa. Poi, ha iniziato la fuga disperata. Il suo percorso frenetico è tracciato dalle impronte che la sua mano insaguinata ha lasciato su una porta, alle tracce ematiche sparse in veranda, nel vialetto che conduce al cancello e lungo la stradina in discesa che lo sperava dalla sua macchina. E in macchina ha trovato la morte, crivellato di colpi, uno dei quali alla testa.
Ecco perché gli investigatori del commissariato di Partinico e della sezione omicidi della Squadra mobile, coordinati dal pubblico ministero Dario Scaletta, non credono al delitto d’impeto, alla lite degenerata. I suoi killer si erano presentati armati. E hanno portato a termine il piano di morte inseguendo Licari. Lo hanno braccato e giustiziato.
Perché tanta ferocia? Licari non aveva precedenti penali. E risulta fuori dai giri della criminalità, organizzata e non. Che possa avere visto o fatto qualcosa che ha dato fastidio? Fra i primi ad essere interrogati anche una persona con cui Licari è entrato in conflitto per questioni private. C’è scappata persino una querela. L’uomo, sentito dai poliziotti, è apparso sereno e ha spiegato che al momento del delitto si trovava in ufficio. Ascoltati anche i parenti. Alcuni dei quali avrebbero mostrato una freddezza che merita di essere approfondita. Licari viene descritto come una persona burbera. A volte, irascibile. Per tracciarne la personalità si scava nel suo passato e nel suo presente. Senza escludere alcuna pista. Neppure quella finora meno accreditata, e cioè che c’entri la mafia nel delitto.
Intanto la polizia ha sequestrato un hard-disk con le riprese fatte da un’apparecchiatura piazzata all’esterno del villino che si trova di fronte alla casa di campagna della vittima. La videocamera potrebbe avere ripreso scene importanti per gli investigatori.