PALERMO – “L’accordo che mi è stato proposto da Bersani era osceno. In cambio della desistenza mi aveva offerto di inserire un paio di senatori mascherati nelle sue liste e se non ricordo male la vicepresidenza di una commissione. Roba da mercato delle vacche, invece noi volevamo un accordo politico”. Nella Sicilia che si profila come l’Ohio d’Italia, terra decisiva per la maggioranza al Senato, Antonio Ingroia va all’attacco del Pd e di Vendola, ma anche di Beppe Grillo, sulle alleanze pre-elettorali: “Avevamo punti di convergenza programmatici sia con il centrosinistra che con il Movimento 5 Stelle – ha detto l’ex pm nella convention al teatro Golden di Palermo – Sia Bersani che Grillo mi hanno dato risposte da mestieranti”.
Ingroia, affiancato da un Leoluca Orlando in grande spolvero, se la prende soprattutto col centrosinistra. “Negli ultimi giorni utili – spiega – il Pd, anziché risponderci, stringeva accordi sottobanco con Monti. Allo stesso tempo Nichi Vendola lanciava apparenti segnali di amicizia: ma come faceva, Vendola, a non accorgersi di quel che stava succedendo?”. L’affondo, in realtà, sembra diretto più verso il presidente pugliese, i cui elettori solo il naturale bacino di conquista di Rivoluzione civile, piuttosto che verso Bersani. E allora giù con gli affondi: “La verità è che Vendola sta usando il Pd come un taxi per evitare lo sbarramento e andare in Parlamento. Quando, dopo le elezioni, Bersani andrà con Monti e Sel chiederà di stare con noi diremo che così è troppo comodo”.
Attenzione, però: il dialogo non è chiuso. “Ci vedremo in Parlamento”, dice Ingroia alludendo a un possibile accordo di governo post-elettorale sul quale, però, “saremo fermi: sui nostri punti di programma siamo intransigenti”. Anche perché, annota Orlando, “è molto utile votare Rivoluzione civile alla Camera, ma è ancora più utile votarla al Senato”. Già, perché secondo l’Orlando-pensiero “votare Rivoluzione civile è utile perché nessuno avrà i numeri al Senato. Darci forza – prosegue il sindaco di Palermo – significa spezzare l’abbraccio mortale tra il Pd e le banche”.
Il centrosinistra, dunque, ma anche Grillo. Anche lui “un mestierante”. “Io e lui – afferma Ingroia – ci conosciamo da tanto tempo. Lo apprezzavo come comico prima e come provocatore poi, ma oggi considero sempre meno bene Beppe Grillo. Continuo ad apprezzare sempre il Movimento 5 Stelle”. Anch’esso un obiettivo strategico: “Grillo – attacca Ingroia – aveva paura di perdere elettori a nostro vantaggio. È successo comunque, come dimostra il caso Favia. Peccato: potevamo costruire insieme un’alternativa di governo”. D’altro canto, parola di Ingroia, “non si va in Parlamento per fare casino. Si va in Parlamento per cambiare il Paese”.
Poi, ovviamente, c’è spazio per il programma. “Bisogna rinegoziare il fiscal compact che rappresenta un cappio al collo per l’Italia e l’Europa. L’Italia deve cambiare direzione”. Cambiare direzione rispetto a un passato targato Pdl, Monti e Pd. “Tremonti – dice Ingroia – era ministro di Berlusconi e non si è opposto al fiscal compact quando poteva. Poi Monti l’ha ratificato coi voti del Pdl e del Pd. L’Italia devé avviare una politica nuova a livello internazionale per farsi capofila di un’alleanza tra i Paesi europei per una riduzione del fiscal compact”.
Il tema forte, però, è la politica economica. I rapporti partiti-banche, a partire da Montepaschi. Il primo affondo, davanti a una platea nella quale spiccano Fabio Giambrone, Pippo Russo, Giovanna Marano, il transfuga vendoliano Francesco Cantafia ma anche la figlia di Mauro Rostagno, lo assesta Orlando: “Noi – dichiara il sindaco di Palermo – non accettiamo un’Italia governata dalle banche. Nessuno vuole fare la guerra al denaro, ma non è accettabile che produrre soldi sia più importante che rendere servizi ai cittadini. Lo scandalo Mps è la punta dell’iceberg: basta partiti nei cda delle banche, ma anche nel consiglio di amministrazione Rai”. Ingroia, poi, rilancia. Prendendo spunto dalla politica di sostegno della Bce alle banche, il “quantitative easing” europeo che offre liquidità agli istituti di credito in cambio di tassi modesti: “Le banche – afferma Ingroia – ricevono denaro pagando l’1% e poi lo mettono in circolazione all’8-9%. Noi vogliamo che questi soldi vengano utilizzati per lo sviluppo: che siano gestiti da un istituto pubblico che li presta alle aziende al 2%”. Anche perché, e qui si torna a Mps, “i soldi usati per il Montepaschi e concessi senza controllo – dice Ingroia ricordando una recente visita in Emilia – potevano essere utilizzati per i terremotati che ancora oggi vivono nelle baracche”.
C’è spazio anche per Giovanardi (“Il cui attacco è stato indecente”. perché “non si fa la campagna elettorale offendendo la storia di familiari di vittime come Ilaria Cucchi che stanno facendo una nobile battaglia per la difesa dei diritti dei detenuti”, annota Ingroia tornando sulle polemiche di ieri), ma anche per un affondo diretto a Rosario Crocetta. Stavolta targato Leoluca Orlando: “Chi sbaglia nella pubblica amministrazione – attacca il sindaco facendo un riferimento esplicito all’allontanamento di Salvatore Cirignotta – dev’essere cacciato. Ma i lavoratori hanno il diritto di continuare a fare bene il loro lavoro anche se non hanno la tessera del partito del presidente”.
Fuori, intanto, un drappello di una ventina di lavoratori Gesip attende Ingroia e, forse soprattutto, Orlando. Che arriva tardi e fa il suo ingresso stringendo mani, gridando “ti chiamo dopo” a qualcuno in platea, abbracciando e dando baci. E poi, però, parla della partecipata: “Ai lavoratori Gesip – assicura – ho detto che non devono esserci intemperanze, ma che i loro diritti devono essere garantiti. Chi lavora deve avere il diritto di farlo, ma sia chiaro che chi non lavora deve andare a casa”.
Le ultime battute, Ingroia le riserva alla giustizia. Partendo dalla polemica con Ilda Boccassini su Falcone e Borsellino: “Non mi sono pentito di avere detto le cose che hanno suscitato tante polemiche. Mi hanno confortato le parole di Salvatore Borsellino scritte ieri sul suo sito. Mi basta questo e non voglio aggiungere altro”. Sulla trattativa, invece, “Le dichiarazioni di Brusca sono nel solco di quelle che aveva già detto, la conferma di quello che abbiamo sostenuto. Vi fu una trattativa, vi furono mandanti politici della trattativa al contrario di quello che ha scritto Pisanu nella relazione della commissione parlamentare antimafia che è stata un’altra pagina grigia di una politica che si autoassolve”.
Qui l’intervista con le vostre domande.