PALERMO – Una nuova inchiesta per peculato coinvolge l’ex pubblico ministero Antonio Ingroia. Ancora una volta finisce sotto accusa per il suo compenso, circa 100 mila euro, di amministratore unico di Sicilia Digitale spa, l’ex Sicilia e-Servizi. È stato l’ex presidente della Regione, Rosario Crocetta, a chiamarlo nel sottogoverno. Ingroia avrebbe intascato più soldi di quanti ne prevedano la finanziaria regionale del 2015 e un decreto legislativo del 2016 che hanno introdotto dei limiti agli stipendi degli amministratori nelle società partecipate. Già indagato per le liquidazioni degli anni scorsi, Ingroia avrebbe commesso lo stesso reato ad inizio novembre.
La precedente inchiesta, giunta alle battute finali, si concentrava sulle retribuzioni dal 2013 al 2016. Ora i pm indagano sul 2017. Nel marzo scorso Ingroia era stato pure interrogato dai suoi ex colleghi. “Si tratta di una vicenda vecchia, che avevo già ampiamente chiarito a suo tempo – scrisse in una nota -. Questa indagine mi consente comunque di sgomberare una volta e per tutte, anche in sede giudiziaria, il campo da ogni equivoco, sospetto e maldicenza su una storia totalmente infondata”. Ingroia, infatti, è convinto che la contestazione muova da una legge che sarebbe stata successivamente abrogata.
Evidentemente non deve avere convinto i pubblici ministeri Enrico Bologna e Pierangelo Padova che hanno aperto un nuovo fascicolo. Hanno dato mandato ai finanzieri del Nucleo di polizia tributaria di presentarsi con un ordine di esibizione negli uffici della Ragioneria generale della Regione. Si sono portati via “la documentazione attinente alla liquidazione e al pagamento nell’anno 2017 in favore dell’amministratore unico”, la nota della ragioneria generale e il verbale dell’assemblea dei soci.
La vicenda ricalcherebbe quanto contestato nella vecchia indagine. Negli anni passati Ingroia si è assegnato, con l’approvazione dell’assemblea dei soci (socio unico è la Regione siciliana) due indennità di risultato da 117 mila euro ciascuno a fronte di utili esigui: 33 mila euro nel 2013, 3.800 nell’anno successivo. Indennità che si sommano ai 50 mila euro annui di stipendio. Il peculato riguarderebbe anche circa 30 mila euro di rimborsi sempre negli anni dal 2014 al 2016. Ingroia, che vive a Roma, veniva a lavorare in trasferta a Palermo. Secondo i pm, gli spetterebbero solo i rimborsi per le spese dei trasporti (aereo, treno etc) e non quelle per vitto e alloggio. Di avviso opposto l’indagato che si è fatto restituire i soldi con cui ha pagato alberghi e ristoranti. Ha alloggiato negli alberghi Gran Hotel Villa Igiea, Excelsior e Centrale Palace Hotel e mangiato in noti locali della città come il ristorante Sailem al Castello al Mare, Cucina Papoff o La locanda del Gusto.