Insulti razzisti, calci e pugni. "Ma io amo Palermo, è casa mia" - Live Sicilia

Insulti razzisti, calci e pugni| “Ma amo Palermo, è casa mia”

Abou è stato picchiato nella zona del Capo, ma quella notte ha anche trovato un amico

PALERMO – “E’ stata un brutta avventura, porto con me le ferite sul corpo e sul cuore, ma questa triste storia mi ha donato un amico”. Abou, 23enne, è in Sicilia da soli quattro anni, ma parla un perfetto italiano. Dal Senegal è arrivato pieno di speranze e sogni, pronto a realizzarli nonostante le rinunce, le sofferenza, la lontananza dalla sua famiglia. “Sono da solo in Italia, prima ho vissuto a Catania, da due anni vivo qui a Palermo e grazie a delle persone meravigliose ho trovato un buon lavoro. E’ questo che mi dà forza e coraggio, nonostante quello che ho subito”.

Già, perché i primi di luglio Abou è finito nel mirino di un gruppo di palermitani che lo insultato e poi picchiato, mentre tornava a casa dal lavoro. E’ successo in piazza Beati Paoli al Capo, in pieno centro storico, dove è esplosa ancora una volta la violenza. Tutto sarebbe cominciato quando un’auto in controsenso stava quasi per travolgerlo: “Era una macchina rossa – racconta il ragazzo – a bordo c’erano due giovani. La ruota mi ha sfiorato il piede, ma loro non si sono fermati, né scusati, anzi. Ho abbassato la testa per guardare dentro l’auto e capire perché stavano cercando di investirmi, ma mi hanno riempito di insulti razzisti”.

A quel punto, una escalation di violenza verbale e fisica avrebbe preso vita, fino a raggiungere il culmine fatto di calci, pugni colpi di catena e, inevitabilmente, tanta paura. “E’ scoppiato il caos – prosegue il giovane – ho cercato di calmarli, di capire cosa stesse accadendo, ma non volevano sentire ragioni. “Che cazzo vuoi? Che ci guardi? Negro di merda, sono soltanto alcune delle frasi pronunciate nei miei confronti. Poi è arrivato un terzo ragazzo, a bordo di un motorino. Credo conoscesse i due che si trovavano sulla macchina e che poi sono scesi per aggredirmi. Uno di loro ha cominciato a colpirmi, quello sullo scooter mi ha raggiunto dopo aver preso la catena sotto la sella. Mi hanno colpito alla testa, non riuscivo a difendermi, sono finito per terra”.

Le grida di aiuto hanno attirato l’attenzione di chi abita nella zona e, in particolare, di un ragazzo che non ci ha pensato un attimo ed è uscito in strada per soccorrerlo. “Mi ha aiutato ad alzarmi, cercando di allontanare i due dell’auto – racconta Abou – poi mi ha fatto salire a casa sua, ma durante il tragitto gli aggressori ci hanno inseguito, tentando nuovamente di colpirmi”. Un incubo che sembrava non avere fine: “Soltanto con l’aiuto di questo ragazzo sono riuscito a mettermi in salvo – dice -. Senza di lui non so come sarebbe finita. Quando eravamo ormai al sicuro, mi ha detto che avrei dovuto denunciare tutto e che sarei dovuto andare all’ospedale. Lui mi ha accompagnato al pronto soccorso, da cui è stata contattata la polizia. Mi ha aiutato in quel momento e continua a farlo: ci sentiamo, non c’è giorno che non mi chieda come mi senta, ma per fortuna adesso sto meglio”.

Una brutta esperienza da cui è nata un’amicizia. “Già – aggiunge Abou – perché Palermo non è solo quella della violenza che ho subito, ma è una città in cui ci sono anche tante persone perbene, una città che mi ha accolto, che mi fa sentire a casa e che in questa triste occasione mi ha regalato un amico, anzi, un fratello. Per questo continuo ad amarla e ad avere fiducia nei palermitani”. Abou lavora come magazziniere e corriere per una ditta nel settore dell’elettronica: “Lavoro con persone che mi vogliono bene, che mi sono state vicino. Fino a quel giorno non mi era mai accaduto nulla di simile. Spero la gente capisca che non si può agire in questo modo e che la violenza non serve a niente”.

L’episodio ricorda inevitabilmente quello avvenuto all’inizio dell’anno nella centralissima via Cavour, ai danni di Boubacar Kande, anche lui senegalese di vent’anni. A prenderlo di mira a pochi metri dal Teatro Massimo fu un gruppo di baby aggressori, successivamente rintracciati dalla polizia. Anche in questo caso, il giovane fu prima pesantemente insultato per il colore della sua pelle, poi fu pestato a sangue. Una notte da incubo che non sfociò in tragedia grazie all’intervento di due giovani palermitani che soccorsero il ventenne e chiamarono i soccorsi. Il ragazzo, pubblicando l’indomani su Facebook una sua foto, con la ferita ancora sanguinante, si era sfogato e aveva concluso il post chiedendo: “Essere nero o bianco che differenza fa?”.


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