PALERMO – Il Tar Palermo annulla l’interdittiva antimafia a carico di una rivendita di prodotti per l’igiene e la pulizia della casa con sede a Erice. Il provvedimento era stato annunciato lo scorso 3 aprile dalla prefettura di Trapani perché la ditta sarebbe stata a rischio d’infiltrazione mafiosa per una condanna a carico del coniuge del titolare per associazione mafiosa e trasferimento fraudolento di valori.
Secondo i ricorrenti, la condanna non poteva da sola giustificare l’adozione del provvedimento, alla luce di varie circostanze tra cui le stesse dimensioni dell’impresa, inidonea ad agevolare eventuali attività criminali. Ma la prefettura aveva ugualmente adottato la misura interdittiva, giustificando l’irrogazione del provvedimento sulla base di circostanze diverse rispetto a quelle indicate nella comunicazione di avvio del procedimento, motivando il provvedimento in ragione dei legami parentali del titolare dell’impresa con persone ritenute vicine ad ambienti criminali.
La tesi difensiva
Il titolare della ditta, attraverso gli avvocati Girolamo Rubino e Rosario De Marco Capizzi, ha impugnato l’informativa interdittiva davanti al Tar, chiedendone l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia, perché non rispettava l’art. 92 comma 2 bis del decreto legislativo 159/2011 secondo cui la prefettura – in sede di instaurazione del contradditorio procedimentale – deve enunciare compiutamente gli elementi che ritiene sintomatici del pericolo di infiltrazione mafiosa. In sede di avvio del procedimento era stato indicato un solo elemento e non già l’intero quadro indiziario, non consentendo un reale contraddittorio.
I difensori hanno anche rilevato che gli elementi acquisiti dalla prefettura risultassero insufficienti a dimostrare l’ipotetico pericolo di infiltrazione mafiosa. Il Tar ha ravvisato la violazione delle leggi che disciplinano il contraddittorio procedimentale disponendo, già nella cosiddetta fase cautelare, l’annullamento della misura.

