"Io, donna umiliata | e cacciata dalla chiesa" - Live Sicilia

“Io, donna umiliata | e cacciata dalla chiesa”

La storia l'abbiamo raccontata appena sotto. Questa è la lettera originale alle famiglie, pubblicata a stralci, della signora divorziata che asserisce di essere stata maltrattata da un parroco di Palermo, per la sua condizione. Naturalmente, ci sono punti di vista e versioni diverse della storia. Ma Papa Benedetto XVI farebbe bene a non trascurare, in visita a Palermo, vicende come questa. Per appurare la verità. Per scoprire da che parte sta il torto e da che parte la ragione nel suo gregge smarrito.
La lettera di una divorziata su Livesicilia
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“Sono profondamente costernata nel comunicarvi che sono stata esonerata dall’incarico di catechista. Sono addolorata perché è stato un impegno intrapreso con amore ed entusiasmo: avere tarpate le ali ingiustamente fa sempre male.
Sono una persona troppo vera e leale (purtroppo) che non scende a compromessi né con i ricatti né con le ingiustizie soprattutto con la cattiveria. Divorziata da sedici anni e risposata, nel corso di questo lungo periodo, io e mio marito abbiamo percorso un cammino di fede attraverso delle catechesi che ci hanno permesso di partecipare alla S. Messa con dignità cristiana ed accedere alla S. Eucaristia grazie alla nostra moralità e alla lettera di cui allego copia, approvata allora da S.S. Giovanni Paolo II (…).  Una linea guida per i sacerdoti per rapportarsi con le coppie divorziate e risposate che amano rimanere conformi alla condotta cristiana.

Non abbiamo mai avuto problemi ma ad inizio estate all’improvviso veniamo impediti di partecipare all’Eucaristia da padre Giovanni Basile, parroco di Regina Pacis. Naturalmente non ci siamo arresi. A fine estate per l’ennesima volta ripresentiamo la suddetta lettera, ma riceviamo un rifiuto all’ascolto. Un sabato sera durante la celebrazione della messa, vengo invitata da un ministrante alla lettura della “preghiera dei fedeli”, giunta dinanzi all’ambone vengo bloccata ad alta voce attraverso il microfono dal parroco, che mi imponeva di scendere immediatamente. Colta da imbarazzo e moritificazione, soprattutto per i miei figli presenti, decidiamo di attendere il parroco nel suo ufficio. Trovo ancora più sconforto quando vengo aggredita verbalmente da una collaboratrice del parroco e catechista, dicendo che: “Tutti i divorziati sono come i gay che pretendono diritti che non meritano”. Quando giunge il parroco la situazione si aggrava, infatti egli sostiene che se dipendesse da lui manderebbe i divorziati al rogo (…)

Alla nostra affermazione che la Chiesa è la casa di Dio, lui si è incollerito, battendosi più volte il pugno sul petto, urlando: ‘La chiesa è mia’ . Siamo rimasti sconvolti e lo siamo tutt’ora, (…) I bambini mi mancheranno molto”.


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