Italia-Brasile a Palermo: Paolo Rossi era mortale come noi

Italia-Brasile a Palermo: Paolo Rossi era mortale come noi

Il ricordo di Pablito e di una partita memorabile. E il vostro qual è?
LA MORTE DI PABLITO
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Italia-Brasile ’82 in un televisore a colori, perché il televisorino in bianco e nero che avevamo a casa era troppo televisorino e troppo in bianco e nero. Ospiti perciò dello zio Totò, austero professore di diritto penale, ma con un sorriso ragazzino davanti alla tv, mentre Nando Martellini celebra la funzione della speranza. “Come siamo messi?”. “Dobbiamo vince per passare”. “Perché, non siamo a pari punti?”. “Sì, ma loro hanno segnato un gol in più”. Mumble mumble dello zio sul regolamento calcistico: per un professore di diritto, ogni norma ha delle implicazioni profondissime. Si parte. Nessun urlo di incitamento in telecronaca come accade ora, tipo assalto a Fort Apache. Nando Martellini non gridava mai.

Zico e la rosticceria

Loro sono fortissimi. Basta guardare le facce, mentre suonano gli inni nazionali. Falcao è uno spadaccino che piazza affondi irresistibili. Eder è l’addetto all’artiglieria, con il suo sinistro. Zico…. Beh, è Zico. Junior, Edinho, Cerezo, Socrates, etc etc. Ammazza quanto sono forti. Il portiere, Valdir Peres, ha gli occhi tristi. Forse intuisce, con la sensibilità del ruolo di chi deve prevedere tiri mancini, che quel giorno gli entrerà nella carne di tutta una vita. Noi, fra l’altro, opponiamo il più brasiliano di tutti, Bruno Conti, la saggezza di Zoff, il ringhio di Gentile, l’onestà di Scirea, etc etc. E poi c’è Paolo Rossi, fino a quel momento in bianco. Sul tavolo attiguo al televisore, in una casa palermitana, pezzi di rosticceria, perché le emozioni non si affrontano mai a stomaco vuoto. Gnam e gnam. Il Brasile attacca, ammazza quanto sono forti. Ancora non sappiamo che, fra qualche tempo, saremo tutti idealmente su quell’aereo, con Pertini e Zoff.

Rossi, Socrates, Rossi, Falcao, Rossi…

Loro attaccano, ma i gol li facciamo noi. Lo zio si agita sul divano. Conti fa il brasiliano in mezzo ai brasiliani e di esterno apre per Cabrini. Cross curvo. Chi arriva? Tale Paolo Rossi, fino a quel momento esecrato dal pubblico. Uno a zero. Tumulto collettivo nelle case palermitane con annesso scalpiccio di piedi annessi, invece, a persone che travolgono tutto ciò che si trovi al passaggio della loro esultanza sfrenata. Rosticceria, Coca e braccia al cielo. Perepeppè dai balconi imbandierati di tricolori. A casa dello zio la vittima della corsa è il ventilatore del corridoio, distrutto. Poi loro pareggiano: Socrates. Poi noi: Rossi. Poi loro: Falcao. Zico ha la maglietta tutta strappata, chissà mai chi sarà stato. Corner nostro per un errore di Valdir Peres. Al culmine della tensione, Martellini, fresco come un milord commenta: “Calcio d’angolo per gli italiani”. Capito cos’è un telecronista di razza? Palla tesa. Nuca. Tibia. Naso. Gooool! Rossi, Rossi, Rossi! E stavolta non ci prendono più.

Paolo Rossi era mortale come noi

Si esce in strada a festeggiare con il bandierone, zio compreso. Perché il pallone esprime tanta felicità? Forse perché dona l’illusione dell’immortalità. Invece no, purtroppo siamo mortali, come apprendemmo per sentito morire da quel giorno in poi. E oggi, tragicamente, abbiamo scoperto che anche Paolo Rossi, autore della gioia in triplice copia di quel giorno e uomo buono, era un mortale come noi. E voi? Dove eravate voi in quel giorno lungo come una brevissima emozione?


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