Un signore distinto è venuto a Livesicilia per raccontarci una storia curiosa. Non era sprovvisto di carte, né di argomentazioni. Abbiamo vagliato le une e le altre. E ci pare opportuno scriverci su. Usiamo il condizionale perché vogliamo sperare che le cose non stiano fino in fondo così male come crediamo che in effetti stiano. A primo acchito, il nostro pessimismo ci fa tendere verso l’indicativo.
Sarebbe la vicenda, riassunta nel pezzo di Giuseppe Nicoletti, di un imprenditore sbigottito per l’impatto frontale con la burocrazia palermitana che – quando ci si mette – richiama i fasti dei cassetti e delle scartoffie di certi funzionari dell’Est, con il profilo Putinesco. Sarebbe il calvario di un uomo, un manager – non un santo verosimilmente come molti di noi, ma nemmeno un pericolo pubblico – ingramagliato nelle spire dell’istituzione che, nel suo vestito peggiore, non ha più faccia, né numeri di telefono, né mani, né braccia. Specialmente, quando si tratta di ammettere un possibile errore.
Già, questa che coinvolge la pizzeria “La Bufala” sembra esattamente la storia di una cantonata degli uffici preposti che intanto ha messo sul lastrico lavoratori licenziati, con le rispettive famiglie. La persona che ce l’ha raccontata non era terzo imparziale. Tuttavia – lo ripetiamo – ha sciorinato documenti e ricostruzioni che ci sono apparse sostanziali. La certezza, al momento, è la disperazione dei nuclei familiari. Noi andremo avanti, interrogando l’assessore al ramo. E se, oltre al disagio, verificheremo la colpevolezza, la vaghezza, l’incompetenza, di coloro che dovrebbero essere incolpevoli, precisi e competenti, non saremo leggeri.