Una cena per decidere la nuova strategia di Cosa nostra in provincia di Trapani. Una strategia senza pizzo: “Ciccio Pace disse: ‘Se l’impresa capisci che paga va bene, se no gli diamo il calcestruzzo, però già va bene perché alla fine siamo sempre presenti, vigiliamo’”. A riferire l’episodio è il collaboratore di giustizia Nino Birrittella, che parla in esclusiva con l’edizione trapanese di “S”, in edicola da sabato: nell’intervista, rilasciata a Rino Giacalone, l’ex presidente del Trapani calcio ricostruisce i suoi anni al fianco dei vertici di Cosa nostra nella città delle saline, a partire dagli interessi economici delle cosche.
In quegli anni, Cosa nostra faceva progetti in grande. “Un gruppo di imprenditori – dice Birrittella – si è messo a disposizione di soggetti notoriamente mafiosi per costituire una banca. Questo era il vecchio sogno di Pace, che di banche si era già occupato anni prima. Significava mettere in campo un altro metodo per raccogliere consenso, per apparire disponibili. Avevamo un elenco di soci pronto, era stato già fatto il versamento per la costituzione del capitale sociale, oltre 2 milioni e mezzo di euro, su un conto aperto presso l’Antonveneta”.
Ma non c’era solo l’economia, negli interessi di Cosa nostra. Birrittella si sofferma anche sui rapporti con la politica: “Ho collaborato alle campagne elettorali in favore di Giammarinaro organizzando, tra le altre cose, la convention con Andreotti a Trapani nel 1991 riempiendo il Palazzetto dello Sport”. La sua “carriera” da lobbysta, però, era cominciata dall’altra parte della barricata: “Iniziai nei giovani comunisti, come dire si nasce incendiari e si muore pompieri. Mi ricordo di quando Ciccio Pace, quando ancora era libero, mi chiese di organizzare un incontro in coincidenza delle elezioni politiche nazionali, e la mia azienda fu palcoscenico di incontri con big politici puntualmente eletti”.