PALERMO – Il canale per la cocaina era stato attivato. Poi i boss di Brancaccio fecero retromarcia e la famiglia calabrese dei Barabaro di Platì andò su tutte le furie. Ad agganciarli, secondo l’accusa, sarebbe stato Luigi Scimò, uno degli arrestati del blitz della squadra mobile.
Le cimici hanno registrato la trasferta in terra calabrese di Pietro Di Marzo, genero di Scimò, e Pietro Luisi. Quest’ultimo nel 2017 è stato intercettato mentre discuteva di affari con Francesco Barbaro. “ Che c’è, che dobbiamo fare, che dobbiamo fare, cammurusu sono io – diceva Luisi -. Io sono di Santa Maria se lei vuole informazioni di Santa Maria di Gesù gli posso dire tutte cose”.
Barbaro era interessato a piazzare la roba alla Vucciria. Ancora Luisi: “Conosco qualche bravo ragazzo alla Vuciria… lei vuole una piazza… però la deve fare di crack… lei basta che ha il Crak lavora”.
Il 30 novembre cambiano gli interlocutori. Vengono registrati Di Marzo e Pasquale Barbaro. Il tono è meno amichevole della precedente conversazione. Il 5 ottobre era stato arrestato Luisi. Barbaro protestava: “Ma secondo te sono comportamenti da fare questi?… mi fai venire… andare avanti e indietro…e sono comportamenti da fare? E nemmeno ti presenti?… uno basta che prende il telefono e chiama. Comunque… ascolta un attimo…vedi un attimo quello che dovete fare. Io entro domenica… entro domenica devi essere a casa mia! Okay?… Ti sto dicendo io che non ti chiamo più né a te né a tuo suocero hai capito? Domenica che cazzo devi fare e devi venire a casa mia hai capito? E basta. Stronzo di merda. Okay”. Il clan di Brancaccio aveva mandato a monte un affare.
