PALERMO – Venivano dal mare. O meglio, andavano in mare. In massa. I Pirandello navigavano e armavano bastimenti dai tempi in cui si chiamavano pinchi, mistici, bovi, martingane e feluche. Poi fu la volta dei brigantini e delle golette, fino ai piroscafi e ai transatlantici. Tra loro quello che i siculi chiamerebbero un “fuori razza”, il grande Luigi, scrittore, drammaturgo e Nobel per la letteratura. La storia sconosciuta e curiosa della famiglia Pirandello, sterminata dinastia di gente di mare, la racconta Mario Genco, giornalista già capocronista de L’Ora e del Giornale di Sicilia, nel suo “I Pirandello del mare – Ovvero l’enigma del nonno cambiato”, (edizioni XL, 120 pagg.13,90€), pubblicato nella collana dell’Istituto Gramsci siciliano. Genco ricostruisce la storia della famiglia Pirandello, dopo lunghe ricerche d’archivio. E svela come Pirandello dai parenti palermitani assiduamente frequentati trasse ispirazione per vicende e caratteri, spregiudicatamente trasferiti, a volte anche con astio e apparente rancore, in alcune novelle e in almeno una commedia. Il giovane Pirandello, infatti, visse in mezzo a loro per anni, in particolare in quelli, cruciali, delle ultime classi del liceo e del primo anno di università. Viveva e studiava nel capoluogo, pigionante di una vecchia zia, vedova in ristrettezze di un Pirandello della seconda generazione palermitana, ovviamente capitano di mare, proprio come almeno quattro fratelli del padre. Una storia, quella raccontata da Genco, che parte dalla fine del ‘700 per finire alla metà del ventesimo secolo, raccontando un gustoso scorcio di Sicilia in continua trasformazione.
"I Pirandello del mare" racconta la saga degli avi e dei familiari del Nobel siciliano, ricostruita dal giornalista Mario Genco
Partecipa al dibattito: commenta questo articolo