Mi confidò l’idea di far nascere un giornale, “I love Sicilia”, con un invito che ignorava ogni mio possibile dubbio sul rischio della sfida giocata da un cronista brillante ma, temevo allora, esposto alla tempesta del gran salto di chi voleva diventare editore nella Sicilia dominata da tre famiglie che si spartivano lettori e pubblicità, quelle dei tre giornali dell’isola. Osservazione respinta quasi senza dialogo. Perché nella sua testa il disegno era già chiaro e definito. Con la certezza che avrei collaborato con lui. Con la scelta della rubrica da affidarmi. Con titolo già scelto. Giocando con il mio nome, “l’Infelice”. Un modo per sintetizzare lo spirito della richiesta, il richiamo alla radiografia della realtà, all’analisi critica, al commento sfacciato o irriverente, sempre fuori dai luoghi comuni, oltre l’apparenza.
Scriverne adesso, mentre Francesco Foresta ci lascia, sembra irreale. Anche se ci aveva preparato al trapasso con una strategia, nonostante la malattia, gestita col piglio del manager, dell’imprenditore che era riuscito a diventare, al di là di quei miei primi dubbi. Esposti soprattutto per tutelare e mettere in guardia il collega conosciuto e apprezzato al ‘Giornale di Sicilia’ dai rischi di un progetto mai tentato prima. Ma quell’azzardo, con la sua scelta di mollare il giornale in cui avevamo lavorato insieme, non era un salto nel buio. Perché, a differenza del sottoscritto che già dieci anni prima era (comodamente) transitato ad altro quotidiano, Francesco aveva trovato in sé quel sano innovatore spirito imprenditoriale che in Sicilia è merce rara. Da autodidatta. Balzando così da cronista al ruolo di editore, capace di mettere in piedi quel primo mensile.
Poi, un magazine come “S”. Ed ancora, un sito on line come “Live Sicilia”, diventato primo riferimento, prima fonte di informazione per una marea di lettori in crescita, alla faccia della crisi che con Francesco sembrava roba estranea a carta stampata, web, videoinformazione e così via. Rivelatosi grande organizzatore, ha pilotato le ultime scelte dominando finché ha potuto il disastro fisico in cui era precipitato, lucido al punto da chiamare prima di Natale al suo fianco “il maestro”, come definiva Peppino Sottile che dagli anni del Giornale di Sicilia replicava con altro appellativo, “pupetto”. Pensava a una staffetta nel segno di una continuità con l’impresa che era riuscito a mettere in piedi in pochi anni, in un niente.
Mi sembra ieri quando tutto cominciò, quando mi fece cominciare con quella prima puntata dell’Infelice. Quando nessuno poteva immaginare che un giornalista di razza come lui era sarebbe anche diventato un protagonista capace di sconvolgere un quadro editoriale siciliano ingessato, bloccato, arroccato su orticelli ben definiti. Arriva lui e tutti sono costretti a misurarsi con una vera concorrenza. Arriva lui e si scopre che si può anche lasciare un vecchio giornale per una nuova moderna dirompente realtà, come hanno poi fatto alcuni dei suoi straordinari ragazzi. Chapeau! E oggi si levano il cappello in tanti per questa complessa macchina capace di andare come un turbo perché condotta con abilità, esperienza, leggerezza e un po’ di vigorosa strafottenza per i poteri forti, di qualsiasi colore, senza pregiudizi e senza complicità. Un turbo così ben strutturato che ha continuato a schizzare veloce anche in questi mesi in cui Francesco è stato spesso costretto a delegare.
E ho visto con i miei occhi quanto chi gli stava a fianco s’é dato da fare perché non apparisse mai un ritardo, un rallentamento, un vuoto. Altra ragione d’orgoglio per Francesco, per quanto ha fatto, per come ha costruito la squadra. Ed è questo patrimonio di impresa che Foresta lascia mentre la macchina é in corsa, quindi con rischi che richiamano quei miei iniziali timori. Li avevo cancellati perché lui aveva dimostrato di sapere fare ruotare tutto. Ma adesso che al timone economico manca il nostromo, adesso che il destino ha bloccato il motore lanciato a pieno ritmo verso continui traguardi, i soci rimasti ad occuparsi dei conti economici hanno l’obbligo morale di tenere barra dritta, la rotta indicata, di non disperdere e salvaguardare il vero patrimonio lasciato da Francesco Foresta. Appunto, il modello imprenditoriale. Onorando gli impegni, affetti inclusi. Ovviamente penso al ragazzo forte e coraggioso che porta il nome del padre. E a Donata, il dono più grande che Francesco abbia avuto dalla vita.