PALERMO – Tredici milioni di euro da mettere da parte ogni anno, per i prossimi 30 anni. Il “riaccertamento straordinario” dei residui attivi e passivi, imposto dal governo nazionale a tutti i comuni d’Italia, si sta rivelando una vera e propria batosta per Palermo, anche per la cronica difficoltà a incassare tasse e tributi. La questione è molto tecnica e soprattutto complicata, ma si tradurrà nell’esigenza immediata, per piazza Pretoria, di trovare 13 milioni da mettere nel cassetto.
In poche parole, dal 2015 la contabilità degli enti locali è stata completamente rivoluzionata o, per essere precisi, “armonizzata”. Il governo nazionale ha infatti imposto criteri molto più stringenti per i bilanci dei comuni, con regole di ferro che hanno costretto le amministrazioni a riscrivere in larga parte le manovre di previsione. Criteri più “europei”, all’insegna della trasparenza e soprattutto della certezza delle entrate e delle spese. Niente più residui attivi ballerini, a meno che non sia matematicamente certa la possibilità di incassare il contante e quindi far quadrare realmente i conti. In passato, infatti, alcuni enti locali hanno “giocato” con i numeri scrivendo in bilancio crediti praticamente inesigibili solo per equilibrare (almeno sulla carta) le spese. Un mal costume che ha provocato disastri e contro cui, adesso, il governo intende agire con fermezza.
Il risultato è stato che i comuni hanno dovuto rifare i conti, con sorprese a volte sgradevoli. Nel caso del comune di Palermo, per esempio, è emerso, grazie a particolari calcoli, che c’è un disavanzo tecnico di 396 milioni di euro (anche se si tratta di un disavanzo futuro). La normativa permette di “spalmarlo” in 30 anni: alla cifra di 396 milioni si arriva anche per possibili spese dovute a contenziosi (14,7 milioni l’anno) o per il mancato incasso delle tasse. La cifra da mettere da parte ogni anno, per i prossimi tre decenni, è pari a 13 milioni di euro. Il consiglio potrebbe anche modificare la cifra, ma comunque dovrà deliberare entro 45 giorni dopo un ulteriore parere dei Revisori. “Il Comune avrebbe dal primo gennaio 2015 un avanzo di 295 milioni di euro – spiegano dall’amministrazione – ma con le nuove regole di contabilità bisogna accantonare delle risorse a copertura dei crediti di dubbia esigibilità e dei rischi derivanti dai contenziosi. Per costituire questi fondi, per i quali l’avanzo di amministrazione risulta insufficiente, sarà necessario accantonare 13 milioni l’anno per i prossimi 30 anni”.
Fondi sottratti a possibili spese che in via prudenziale bisogna accantonare per gli imprevisti: l’unico modo di “riaverli indietro” sarebbe di aumentare considerevolmente la lotta all’evasione fiscale locale o vincere i vari contenziosi. Il vero problema è la scarsa capacità di riscossione negli anni successivi: fra Icp, Ici, Tosap, Tares, Tarsu e Tari, per esempio, si parla di 403 milioni di euro da 2006 al 2014 non incassati; se si parla di contravvenzioni, affitti, canoni, interventi a danno terzi, recupero di spese condominiali e varie, si arriva ad altri 126,7 milioni (dal 1995 al 2014). “Il Comune incassa mediamente sui tributi, nel primo anno di riscossione, il 67% – spiegano da Palazzo delle Aquile – negli anni successivi, sul restante 33%, riesce a incassare il 16,5%. Secondo le nuove norme di contabilità, è necessario accantonare questa differenza in quanto quota da considerare di dubbia esigibilità”. Uno dei motivi per cui l’amministrazione è corsa ai ripari, notificando gli accertamenti ai morosi.
In pratica sono stati cancellati residui attivi e passivi con obbligazioni non scadute (quindi non certi, con alcuni risalenti agli anni Ottanta, per quasi 345 milioni), con l’istituzione di un fondo pluriennale vincolato di pari importo. Il consuntivo 2014 si era chiuso con un avanzo di amministrazione di 80,8 milioni.
Intanto, per il 2015, bisogna agire subito: la giunta, a causa dei pasticci della Regione (che prima ha reso l’armonizzazione non necessaria per quest’anno e poi ha cambiato idea), ha dovuto riscrivere la manovra di previsione, che andrà approvata in tempi brevi. Sala delle Lapidi dovrà pronunciarsi entro 45 giorni.
Infine da segnalare anche una bacchettata del Segretario generale: il riaccertamento andava approvato contestualmente al rendiconto, mentre nel caso di Palermo è passato un mese e mezzo, cosa che potrebbe portare alla nomina di un commissario o allo scioglimento del consiglio. Anche se il ritardo, argomenta il Segretario, può essere motivato con i pasticci della Regione, malgrado gli uffici dovessero spiegarlo meglio in delibera.
LE REAZIONI
“La giunta Orlando sarà costretta a stanziare in bilancio 13 milioni l’anno per i prossimi 30 anni, in seguito al riaccertamento straordinario. Che nel bilancio di questo Comune ci fossero partite non più rispondenti alla realtà si sapeva, viste le vecchie regole della contabilità pubblica, ma che le nuove producessero un disavanzo di 396 milioni di euro supera le peggiori aspettative, oltre a essere preoccupante”. Lo dice il capogruppo di Idv a Sala delle Lapidi Filippo Occhipinti, commentando la delibera approvata dalla giunta comunale. “Se a questo si aggiunge la poco rosea situazione di diverse partecipate – spiega Occhipinti – la situazione non solo è preoccupante, ma diventa da brividi. Inoltre non convince la somma indicata per il fondo per il rischio di contenzioso, che ammonta ad appena 14 milioni: troppo approssimativa la quantificazione. Infine la legge prevedeva che l’atto dovesse essere approvato insieme al rendiconto consuntivo 2014: l’ho chiesto più volte e invece è passato oltre un mese. Questa amministrazione e questa maggioranza hanno dimostrato ancora una volta che le leggi possono essere rispettate a convenienza. Sono molto preoccupato pure dal ritardo del bilancio di previsione: il termine del 30 settembre è alle porte e il Consiglio rischia lo scioglimento. Forse sarebbe la giusta punizione per questo consiglio, ma la stessa sorte meriterebbe la Giunta. Tutti a casa, lo chiedono i palermitani”.