Mappa della dispersione scolastica | Brancaccio e centro storico a rischio - Live Sicilia

Mappa della dispersione scolastica | Brancaccio e centro storico a rischio

I dati dell'osservatorio dell'ex Provveditorato agli Studi fotografano la situazione in città e in provincia. Uno studente su dieci, alle superiori, viene bocciato.

Palermo - Il fenomeno
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PALERMO – Uno su 10 viene bocciato, quasi 2 su cento si ritirano dagli studi e i quartieri più a rischio sono quelli dello Zen, di Brancaccio e del centro storico. Ecco il quadro della dispersione scolastica a Palermo, così come viene descritto dai dati raccolti anno per anno dall’osservatorio costituito dal 1989 presso l’ex Provveditorato agli Studi coordinato da Maurizio Gentile.

Un ufficio che si occupa, al termine di ogni anno scolastico, di raccogliere tutti i dati della Sicilia intervenendo nelle situazioni più critiche e aiutando, lì dove possibile, studenti e relative famiglie. “A noi non interessano i dati fini a se stessi, ma costituiscono la base scientifica per agire – spiega Gentile – siamo partiti da dati incredibili, ora sono migliorati malgrado restino importanti”.

La dispersione scolastica, in provincia di Palermo, al termine dell’anno 2013/2014 ha toccato il 16,3% nelle scuole superiori, anche se è un fenomeno che comprende diverse forme di disagio nell’adattamento al mondo scolastico: c’è chi evade l’obbligo (cioè non risulta fino ai 16 anni negli elenchi delle scuole), chi abbandona precocemente gli studi, chi si ritira col consenso dei genitori o dopo i 16 anni, senza aver ottenuto una licenza (i prosciolti). E poi ci sono anche coloro che fanno più di 60 assenze, perdendo l’anno, oppure vengono bocciati.

Fenomeni diversi tra loro, ma tutti sintomo di un qualche disagio che può variare anche a seconda dell’età: la dispersione scolastica arriva all’1,01% nella scuola primaria, al 7,4% nella scuola secondaria primo grado e al 16,3% in quella secondaria di secondo grado. Numeri che vanno però letti nella loro complessità: il 16,3% delle scuole superiori, riferito alla Provincia, a suo volta comprende uno 0,45% di abbandoni, un 1,75% di ritirati, un 1,34% di prosciolti, un 3,13% di troppe assenze e un 9,45% di bocciati.

Dati che la dicono lunga sulle difficoltà dei circa 53mila studenti della Provincia, ma che descrivono anche condizioni sociali e familiari non sempre felici. Nelle grandi città, infatti, ci sono quartieri più a rischio che invece mancano nei piccoli paesi, con la dispersione che è maggiore nel capoluogo per le scuole elementari e medie rispetto al resto della Provincia. La dispersione riguarda più i maschi che le femmine, colpisce maggiormente gli studenti di diverse nazionalità e nel caso delle scuole elementari e medie è dovuta principalmente al contesto familiare.

A Palermo, poi, ci sono quartieri maggiormente a rischio: Brancaccio, centro storico, Zen, Cep, Zisa, Danisinni, Oreto stazione con punte nelle scuole medie del 14% e nelle elementari del 2,5. Va peggio nelle superiori, dove si tocca anche il 40. “Abbiamo istituito un sistema di osservatori, in provincia ma anche di area – spiega Gentile – a Palermo città ne abbiamo sei. Alcune scuole statali diventano sede dell’osservatorio e il dirigente della scuola ne diventa il coordinatore. L’area corrisponde agli ex distretti socio-sanitari e l’osservatorio é composto da una rappresentanza dei presidi del territorio, dei docenti e dagli operatori psico-pedagogici messi a disposizione dall’osservatorio e specializzati in dispersione scolastica. Partecipano anche i rappresentanti degli enti locali e dell’associazionismo organizzato. I compiti sono di monitorare costantemente il fenomeno, individuare precocemente le situazioni di evasione e abbandono e definire un piano integrato di area per realizzare interventi di prevenzione della dispersione e di promozione del successo scolastico”.

Gli operatori psicopedagogici, con gli assistenti sociali comunali e i docenti, costituiscono inoltre le Rep, le Reti di educazione prioritaria, per i casi più gravi come lo Zen, Brancaccio o il centro storico in cui si interviene anche con iniziative di formazione degli insegnanti e di coinvolgimento dei genitori, come per le mamme Zen i cui mariti sono in carcere, ma anche con laboratori nelle scuole per lo sviluppo delle competenze di base (leggere, scrivere e contare).

Iniziative che, dati alla mano, hanno i loro effetti positivi. Dal 2012/2013 al 2013/2014 c’è stata una diminuzione del quasi 1%, ma le variazioni più significative si hanno paragonando gli ultimi trent’anni. Dal 1987 a oggi, infatti, la dispersione scolastica nella scuola primaria è passata dal 7,6% all’1,01; in quella media dal 26,6 al 7,4; nelle superiori dal 20,5 al 16,3. Per quanto riguarda gli evasori, ovvero coloro che non si presentano mai a scuola, negli ultimi dieci anni il fenomeno è in costante calo anche se a fasi alterne: nella scuola elementare tocca percentuali quasi prossime allo zero.

“Stiamo cercando di offrire una serie di strumenti e azioni alle scuole, a partire dalle primissime classi – dice l’assessore comunale Barbara Evola – agire quando il problema è già esploso non sempre è efficace, dobbiamo puntare alla prevenzione. Abbiamo aperto e continueremo ad aprire sezioni di scuola materna, non basta ma è un segnale”.

“La dispersione scolastica é un fenomeno complesso, si chiama scolastica perché la evidenziamo a scuola ma in realtà ha origini altrove che vanno rintracciate in una fragilità socio-economico-culturale delle famiglie – spiega Gentile – in una difficoltá a promuovere lo sviluppo della mente e del pensiero dei ragazzi e in una diffusa carenza di servizi a favore dell’infanzia e dell’adolescenza. La dispersione può essere assunta come un analysuer, cioè un analizzatore del grado di disagio e sofferenza di un certo contesto di una certa realtà territoriale. Questo significa che se si vuole efficacemente intervenire, bisogna avere un approccio globale, interistituzionale e di complessità. La cosa più grave che si possa fare è pensare che sia solo un problema scolastico. In realtà è un problema sociale e gli insegnanti non devono essere lasciati soli a condurre una battaglia che é prima di tutto di civiltà”.

 


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